venerdì 18 dicembre 2015
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Viene in mente una canzone dei Rokes scritta da Shapiro: «Ricordo quand’ero bambino». Era il Lato B di un 45 giri con una cover di Cat Stevens riscritta da Mogol. Parlando con Giosetta Fioroni nella sua casa di Roma, che fu di suo nonno e di suo padre e che porta ancora sulla scritta del citofono il nome di Goffredo Parise, del quale fu la compagna per 27 anni, ritorna nelle orecchie quel motivetto semplice e un po’ ingenuo come tanta musica degli anni ’60. Un desiderio di vivere la vita con leggerezza, senza però dimenticare nulla di quello che si è stati, soprattutto le cose dell’infanzia, un desiderio di esprimersi per quello che si è, secondo la propria vocazione. E la sua vocazione, Giosetta Fioroni, la ricorda fra le prime cose: «Ero adolescente: così come c’è chi sente la chiamata alla vita religiosa, io ho sentito di dover fare l’artista. Una vocazione esclusiva». Un’infanzia felice, la sua, in una famiglia felice al punto da idealizzare l’amore dei suoi genitori: «Erano molto uniti e si amavano, e mi amavano e io amavo loro. Ho nostalgia della mia famiglia, di quel sentimento che circolava fra noi. Forse è perché temevo di non riuscire a fare altrettanto che non ho costruito un’altra famiglia». Da qualche tempo, però, Giosetta Fioroni costruisce presepi, rappresentazioni di un’altra 'famiglia felice'. Il primo lo ha fatto nel 1996, in ceramica, e si chiama 'Presepe verticale'. Più di recente l’amico Piero Masciti gliene ha commissionati altri cinque, sempre in ceramica, realizzati presso la Bottega Gatti di Faenza. Da mercoledì 23 (fino all’11 gennaio) tutti e sei sono a Napoli, al Museo Madre, in una mostra curata da Marco Meneguzzo col titolo Teatrini- Presepi. Un settimo presepe, molto più grande e destinato a essere smontato alla fine delle festività, è invece in questi giorni esposto a Roma presso la Chiesa degli artisti di piazza del Popolo. «Mio padre Mario – racconta Giosetta Fioroni – era scultore, allievo di Arturo Martini (lei ha avuto come maestri Capogrossi e Scialoja), e mia madre, molto bella, era pittrice e marionettista. Nel 1944, avevo dodici anni, mio padre modellò pezzo per pezzo e costruì un grande presepe per me. Era lungo quattro metri, forse sei. Aveva ruscelli di vetro illuminati da sotto. In alto, sullo sfondo, c’era il paese di Betlemme. Di quel presepe e di tutti quei personaggi mi è rimasto solo il bue e il gruppo della Sacra Famiglia, che io ho replicato nei presepi esposti a Napoli». Per la piccola Giosetta fu una magia. Lei la unì indissolubilmente all’attività di sua mamma «che si era dedicata alla rappresentazione di fiabe in un teatrino per marionette, che aveva allestito lei stessa. Le marionette indossavano vestiti realizzati con ritagli di vecchi abiti, la musica era ottenuta da un grammofono a manovella». Da qui l’idea di questi presepi che saranno esposti a Napoli, modellati come su una quinta di teatro con tanto di boccascena, il tutto ispirato ai presepi del ’600 napoletano, con i ruderi sullo sfondo e le due colonne a fare da cornice. Del resto quella di realizzare opere in forma di teatrino è una costante della Fioroni, soprattutto da quando (era il 1992) ha cominciato a fare ceramica: «Prima li realizzavo di legno». Per lei è «il modo di mettere in scena la realtà». Per raccontare la storia quotidiana, per osservarla, conservando, al contempo, il necessario distacco. Il presepe e il teatrino insieme. Il senso dei presepi di Giosetta Fioroni è racchiuso in quella duplice magia di quando era bambina. Anche i colori accesi («in technicolor», dice lei) che ha voluto dare alle ceramiche sanno di stupore e di meraviglia, proprio per affascinare i bambini. Una «messa in scena» per il piacere dei più piccoli. Così, quando le si chiede se in quei presepi c’è anche un sentimento diverso, che avvicini al trascendente, lei preferisce restare (arretrare?) sul sentimento estetico, o meglio, sul sentimento «dell’artista che desidera esprimersi in un’opera d’arte riuscita». Poi cita una frase tratta da un breve saggio del 1977 del filosofo Giorgo Agamber sul presepe: «Non si comprende nulla del presepe se non si comprende che l’immagine del mondo cui esso presta la sua miniatura è un’immagine storica, perché esso mostra il mondo della fiaba nell’istante in cui si desta dall’incanto per entrare nella storia». Ermanno Rea nel catalogo della mostra descrive i presepi di Giosetta Fioroni come «crete intrise di nostalgia», di «ricordi», di «ansia per qualcosa da salvare». Parlando con lei nel soggiorno di quella casa romana in cui il padre aveva allestito il grande presepe di quando era bambina, si capisce qualcosa di più. Le pareti sono dense di ricordi, di sentimenti, di amicizie. E poiché si parla di un’artista di rilievo nel panorama italiano degli ultimi decenni, che aderiva al cosiddetto gruppo romano di piazza del Popolo, compagna di un poeta e scrittore come Parise, i ricordi, i sentimenti e le amicizie costruiscono un pezzo di storia dell’arte e della letteratura italiana. Ci sono alcune opere di Mario Schifano fra le quali un grande dipinto che raffigura Parise. Ci sono opere di Tano Festa, di Cunellis, di Alighiero Boatti, di Palladino. C’è un disegno di Paul Klee e un’incisione (la prima tiratura con le correzioni a matita per lo stampatore) di Morandi. C’è un grande ritratto, fra le tante sue opere, che Giosetta Fioroni ha dedicato alla mamma; ci sono le marionette della mamma. Poi c’è una grande foto di Andrea Zanzotto (il poeta preferito, per lei che ha conosciuto, fra gli altri, anche Montale e Penna) curiosamente vestito con una pelliccia della stessa Fioroni, c’è una foto del critico letterario Cesare Garboli, una di Guido Ceronetti... Qua e là, da una ceramica, un disegno, una grafica, un dipinto emerge, come costante, l’immagine del cuore, figura di un amore nato «quando ero bambina». © RIPRODUZIONE RISERVATA L’incontro La scultrice, già compagna di Goffredo Parise, ha modellato ed espone tra Napoli e Roma alcune Natività in ceramica: a ricordo delle marionette della madre e del grande presepio costruitole quand’era bambina dal papà, artista come lei Rappresentazioni «laiche» con nostalgia di famiglia CERAMICA Il «Presepio verticale» del 1966 A sinistra: Teatrino-Presepe azzurro» (2015) Giosetta Fioroni
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