Un'immagine di scena del film "Una famiglia" di Sebastiano Riso (Ansa)
"Volevamo essere più vicini possibili alla realtà, una tragedia di cui non si parla e che persino neghiamo. Invece, anche se non ci sono numeri precisi sulle vendite dei bambini, i casi anche in Italia esistono. La storia che racconto nel film proviene da tutto questo: casi veri, intercettazioni, documenti processuali e anche per questo lo ritengo necessario per far emergere il tema", dice
Sebastiano Riso, regista di “Una famiglia”, il secondo film italiano nel concorso di Venezia 74 in programma domani, martedì, interpretato da Micaela Ramazzotti e Patrick Bruel, in sala con Bim il 28 settembre.
Un film duro ma capace di scuotere le coscienze perché girato dal punto di vista di una donna, la debole Maria, sottomessa e plagiata psicologicamente dal rude compagno Vincenzo (Patrick Bruel): il film insiste sul rapporto morboso di una coppia criminale che vende illegalmente i propri figli a persone che non possono averli naturalmente.
Il film si ispira a veri colloqui intercettati, su cui ha lavorato il procuratore Raffaella Capasso che ha seguito alcuni casi quando lavorava alla procura di Santa Maria Capua Vetere. Con il coinvolgimento anche di medici senza scrupoli che fanno da mediatori e coppie etero e omosessuali disposte a tutto, anche, spiega il regista, ad "alternative illegali per diventare genitori nell’ambito di una legge che lo vieta a tutti quelli che non rientrano nella categoria delle coppie eterosessuali”.
Ma la questione delle adozioni resta sullo sfondo, per stessa ammissione del regista, e l’opera, anzi, forse va ben oltre le sue intenzioni. Perché di fronte alle sofferenze lancinanti di una madre a cui vengono sottratti i figli per denaro (cui dà tormento quasi insostenibile per intensità la brava Micaela Ramazzotti), anche le motivazioni di chi è disposto a pagare 80mila euro pur di avere un
bambino, cedono agli occhi dello spettatore.
“Voi siete fortunati perché potete comprare tutto” dice la Ramazzotti, che a un certo punto prenderà coscienza e troverà la forza di ribellarsi per potersi finalmente tenere il bambino, un figlio rifiutato dalla coppia omosessuale che lo ha “ordinato” perché malato. Questo sì, è un fatto che rispecchia la cronaca internazionale.