Charles Dickens fu mai tentato dal cattolicesimo? La risposta parrebbe scontata: no. È noto come il più grande romanziere inglese dell’800, di cui sono in corso le celebrazioni per il 200esimo anniversario della nascita, fosse piuttosto allergico alla Chiesa di Roma. Anzi, secondo un lettore autorevole come padre Ferdinando Castelli il cristianesimo di Dickens, più che una fede, fosse piuttosto un’importante espressione etica, fondata sull’insegnamento di Cristo, profeta della giustizia, del perdono e dell’amore. Non molto di più. Tuttavia sul "Catholic Herald", settimanale cattolico britannico, William Oddie, saggista e già direttore della stessa rivista, getta il sasso nello stagno ricordando una lettera poco nota dell’autore di
Oliver Twist. «Permettimi di parlarti di un curioso sogno che ho avuto lunedì notte e dei suoi frammenti che ancora riesco a ricordare», scrisse Dickens all’amico e biografo John Foster durante un soggiorno a Venezia nel 1844. «In un luogo indeterminato, sublime nella sua indeterminatezza, venivo visitato da uno Spirito. Non potevo distinguerne il volto, né mi ricordo di aver avuto il desiderio di farlo. Portava un manto azzurro, come una Madonna in un quadro di Raffaello, e non assomigliava a nessuno che io conosca se non per l’altezza... era così pieno di compassione e di dolore per me… da trapassarmi il cuore. E io gli dicevo, fra i singhiozzi: "Oh, dammi una prova del fatto che mi hai veramente visitato… rispondi… a una domanda", supplicando e soffrendo per paura che mi lasciasse, "qual è la vera religione?". E mentre indugiava senza rispondermi, dicevo ancora, sempre nell’affanno e nella paura che se ne andasse: "Pensi anche tu come me che la forma della religione non conta poi molto, se cerchiamo di fare il bene? O forse - osservando che ancora esitava e provava una grande compassione per me - è il cattolicesimo romano la religione migliore? Quella che forse permette di ricordarsi di Dio più frequentemente e di credere più fermamente?". "Per te", rispondeva lo Spirito con una celestiale tenerezza, da spezzarmi il cuore, "per te è la migliore!". E allora mi sono svegliato, con le lacrime che mi rigavano il volto, ritrovandomi nella stessa posizione che avevo durante il sogno. Era l’alba». Dickens, spiega William Oddie, interpretò di primo acchito quello Spirito come la figura di sua cognata, Mary Hogarth, morta nel 1837. Ma successivamente ritornò sul sogno leggendolo in una chiave più cattolica, indicando la presenza sulla scena di un grande altare, in cui una volta la Messa veniva celebrata quotidianamente, e ricordando il suono delle campane. «Metti il caso», scrisse sempre all’amico Foster, e parlando del suo desiderio di lasciare con i suoi scritti una testimonianza duratura nel tempo in favore degli umili e sofferenti, «che quel desiderio venisse realizzato da un intervento indipendente da me», facendo poi riferimento al sogno e chiedendosi se non fosse stata una vera visione. Ma visione di chi? Oddie avanza un’ipotesi da credente: visione della Vergine, che magari, misteriosamente, rafforzò e accompagnò la vocazione dello scrittore a lottare per la causa del popolo umiliato e schiacciato dalla storia. «Se non lei, chi?» chiosa il commentatore del "Catholic Herald", sottolineando come fu lo stesso Dickens a ipotizzare di essere stato protagonista di un’apparizione. Misteri vittoriani, o mariani.