Nonno Carlo lo invidiava molto per la sua scrivania. Lui stava seduto per ore, scrivendo o sfogliando carte o il giornale, davanti alla ribaltina del trumeau veneziano, un posto per scrivere piuttosto traballante e scomodo, ma questo la Bambina non lo sapeva. Era un mobile di nonna Virginia, che diceva a tutti i bambini: «Non toccare, non appoggiarsi, girare al largo. È di quelli senza specchi, sono i più antichi».Per usare la ribaltina come scrittoio, bisognava tirar fuori il primo cassetto sotto, piccolo e piatto e pieno fino all’orlo di caramelle, sassi del Piave e altre misteriose dolcezze di nonno Carlo. E perciò, oltre a tutto il mobile, quel cassetto in particolare era proibitissimo toccarlo. Se la ribaltina era aperta appariva un mondo di cassettini, e sul pavimento di quello centrale c’era un segreto: una levetta di legno, non tanto nascosta a dire la verità, che bisognava sollevare per aprire gli altri cassettini interni, pieni di lettere, di vecchi conti, cartoline, nastri, meraviglie. Tutte le misteriose cose del nonno.La Bambina imparò presto ad aprire la parte superiore, quella dei libri. E degli odori speciali della carta ben invecchiata. Ogni libro aveva un profumo diverso, tutti la avvolgevano. I gusti del nonno. Biografie e grandi fatti di storia prima di tutto: Fouché, Napoleone, Talleyrand, la congiura di Varennes, il cavaliere d’Éon, che nessuno seppe mai se era maschio o femmina, la signora di Maintenon e la morte di Enrico IV re di Navarra e di Francia.Meno appetitose, ma col tempo divorò anche quelle, le opere di Grazia Deledda. Tutte, da Cenere a Canne al vento a Elias Portolu, e sapevano di buono: ma quelle, il nonno non le aveva lette. Forse le aveva comprate insieme per riempire i tre scaffali, forse le aveva messe lì qualcun altro, la sua Vittorietta per esempio. E lui non voleva mai contrariarla, come non voleva contrariare la bionda, adorata Bambina. Lui tanto l’aveva aspettata, la figlia femmina dopo tre maschi, a lei perdonava tutto, «così io» disse una volta la nonna alla Bambina «ho fatto fatica doppia ad educarla, ma il buonsenso nella sua testa non sono riuscita a mettercelo. Ha un cervello pieno di semolino, la tua mamma, credi a me». La confidenza sul semolino riempì d’orgoglio la Bambina. Quando guardava la sua bellissima mamma Vittoria e cercava di spiare cosa le passava per la testa in quel momento, adesso qualche volta le pareva di riuscire a vederlo, il semolino, ondeggiante dietro i suoi occhi vivaci e battaglieri, sempre pronti a cambiare d’umore, a offuscarsi. E questo la diverte. Troppo forte per lei, incontrollabile nell’ira, eppure gentile a volte fino allo spasimo, tutti la amano.
Ma la Bambina combatte con lei da sempre, e l’ha vista il giorno della morte del nonno, e non si dimenticherà più quella mamma che si rotolava sul letto dandosi pugni sulla pancia. Ma là dentro c’era già Carlo, questo la Bambina lo sa, e ogni tanto ci ripensa, perché non sa ancora com’è che un bambino cresce nella pancia della sua mamma. E vorrebbe anche capire se il bambino cresce proprio dentro alla pancia, e come mangia, se ha i capelli e i denti, se ha freddo e se guarda fuori da quel buchino che c’è in mezzo a tutte le pance. E si guarda anche la sua, di pancia, perplessa; poi però si tranquillizza, la sua le pare troppo piccola perché ci stia dentro un bambino.Ma chiedere alla mamma non vuole, riderebbe soltanto e lo racconterebbe subito alle sue amate cugine. Vengono ogni mattina quando Khayël è già in ospedale da ore, e la circondano. Si siedono in circolo in guardaroba o in cucina, intralciando la Gigia che brontola, e prendono insieme il caffè, chiacchierano felici. Le voci acute si sentono da lontano, «è come un’uccelliera» dice sorniona Giuliana («è come il mio pollaio giù in giardino» bofonchia brusca la Gigia). La Bambina, bassetta, le pensa piuttosto come magnifiche, rutilanti streghe avvolte in scialli colorati con code arcobaleno e cappellini piumati, imprendibili nelle loro alte dimore. Ma si arrabbia vedendo quanto mamma Vittoria desideri la loro approvazione, come sia ingenua bambina nei loro confronti.