Eccolo il piccolo compendio della Mitteleuropa. Dal Collio all’antica, anzi nuova Contea di Gorizia, appena rinata. Il Collio è famoso, fin dal Medioevo, per i suoi vini così eccellenti che «già all’epoca venivano serviti sulle tavole più blasonate d’Europa, da Vienna a Mosca, da Roma a Londra», come fa sapere Christian Seu, l’esperto. Ma questa mezzaluna collinare, distesa sul confine di vigneti tra l’Italia e la Slovenia, non è meno ricca di storia, di cultura, di tradizioni, «fino a rappresentare, insieme al territorio della contea, da Cormòns a Gradisca, fino a Gorizia - come sottolinea Antonio Devetag, uno storico oltre che assessore del capoluogo isontino - «il meglio dell’Europa, in termini di contaminazione di culture ed etnie, di integrazione, insomma di apertura all’altro, anzi agli altri». Gorizia è citata ufficialmente per la prima volta nel 1001, in un documento dell’imperatore Enrico II, ma le origini dell’Antica Contea si perdono nei millenni. È certo che Cormòns fu avamposto dei romani, che costruirono una fortificazione sul monte Quarin. E Gradisca d’Isonzo era un baluardo della Serenissima Repubblica di Venezia, insediatasi nel Friuli patriarcale nel 1420. Sessanta anni dopo, i veneziani racchiusero il centro storico gradiscano da una poderosa cinta muraria. Morto l’ultimo conte di Gorizia, Leonardo, nel 1500, l’Antica Contea venne occupata dai veneziani per un solo anno, tra il 1508 ed il 1509, mentre nel 1511 passò di mano, a Massimiliano d’Asburgo. Dopo una breve parentesi napoleonica, fu restituita all’Impero Austriaco. Nel 1861 venne ridenominata in Principesca Contea di Gorizia e Gradisca. La sua definitiva abolizione nel 1918, con la dissoluzione dell’Austria-Ungheria, a seguito della prima guerra mondiale . «Oggi è il cuore pulsante della più genuina tradizione mitteleuropea - annota con orgoglio Devetag -. Lo testimoniano le feste, gli appuntamenti di ogni genere, soprattutto i numerosi istituti di cultura». Ne citiamo uno per tutti, l’Isig, che da decenni studia la nuova Europa. «D’altra parte - prosegue Devetag - l’Antica Contea si propose per secoli come la Mitteleuropa ante-litteram, un territorio che si estendeva dal Tirolo all’attuale Slovenia, dalla Carinzia all’Istria. Una sorta di grande principato che univa il mondo alpino a quello mediterraneo e costituiva il passaggio obbligato dei traffici tra la ricca pianura padana e il mondo balcanico. Peccato soltanto che questo territorio non abbia trovato un cantore storico per rilanciarlo, come si meritava, a livello internazionale». Gorizia si propone con il castello medievale (che ospita tra l’altro il Theatrum Instrumentorum, mostra permanente di strumenti antichi), la chiesetta di santo Spirito (XV secolo), il prestigioso Museo della guerra, l’imponente Duomo di stampo quattrocentesco, dedicato ai Santi Ilario e Taziano. Conosciuta ed apprezzata come «la città giardino degli Asburgo», è da tempo anche sede universitaria, proiettata verso l’Europa. Cormòns, nel cuore del Collio, è nota in tutti i continenti, perché accoglie la Vigna del Mondo, composta di 600 vitigni provenienti da ogni angolo della terra, dai quali si produce il famoso "vino della Pace" che dal 1985 viene inviato ai capi di Stato di tutti i Paesi. Ma la sua storia non è meno nobile. Anzi. Da qui passarono i Quadi, i Marcomanni, gli Avari, i Romani. E nel 628 divenne sede patriarcale. In piazza Libertà troneggia la statua, eretta nel 1903, che rende omaggio all’imperatore Massimiliano d’Asburgo. E da Vienna arriva quell’architetto Podrecca che progettò piazza XXIV Maggio. Il Duomo, costruito tra il 1756 ed il 1762, vanta un campanile unico per la sua eleganza. E ancora: Gradisca d’Isonzo, che si presenta al visitatore come un raffinato salotto. Anche questa cittadina riflette nella fortezza ed in altri monumenti tutta la sua storia; perfino nella Spianata, splendido piazzale a verde, utilizzato da Maria Teresa d’Asburgo per le parate militari, le corse di cavallo e velocipedistiche. L’eredità di quella stagione culturale sono i teatri di oggi, uno più splendido dell’altro, presenti in tutte e tre le città, con stagioni ricche di prosa, balletti e musica. Il Verdi di Gorizia, tra l’altro, è segnalato per la sua acustica tra le migliori d’Italia. Un "territorio magico", insomma, a sentire i sindaci di Gorizia, Gradisca e Cormòns, rispettivamente Ettore Romoli, Franco Tommasini, Luciano Patat. «Magico perché segnato dai dolci declivi del Collio e dalle aspre pietraie del Carso, percorso dal celeste fiume Isonzo». Un mix che è l’icona del carattere di questa gente speciale. «Perfino la cucina, da queste parti è sintesi raffinata dei contributi di culture e tradizioni diverse - sottolinea Seu -. Lo testimoniano gli gnocchi di susine, il gulasch ed il Gugelhupf, che attualizzano la cucina asburgica». Quanto ai vini, il più rinomato è il Tocai. Anzi, era; oggi, infatti, si chiama Friulano. «Il patriarca di Aquileia Bertoldo ne inviò alcuni vitigni al re d’Ungheria Bela IV che avviò la produzione di Tokaji, fino a costringere i friulani a rinunciare alla loro denominazione». Ma siamo già ai nostri giorni.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: