La band milanese Colla Zio in gara all'Ariston con "Non mi va"
Ironici, discontinui, vivaci, melodici, rock, elettronici e rap. In una parola Colla Zio, il collettivo di giovani milanesi fra i 20 e i 25 anni che, dopo aver superato le selezioni di Sanremo Giovani facendo ballare tutti con Asfalto, approdano all’Ariston fra i big per sparigliare le carte con Non mi va, pop-funk e gusto dell’assurdo. I cinque ragazzi milanesi sono inseriti nella quota Lo Stato Sociale del Festival, per la serie gruppo di giovani che giocano con nonsense e originalità, ma loro, pur stimando i colleghi, non si ritrovano in questa definizione. Anzi, non amano affatto le definizioni.
Faranno di sicuro un figurone sul palco dell’Ariston (nella serata dei duetti hanno assoldato Ditonellapiaga) perché sanno suonare, come dimostrano i pienoni nei club in cui questo gruppo che si è fatto le ossa suonando nelle piazze e nei localini. Ora l’emozione di suonare sul palco dell’Ariston fra i Big, e l’uscita del loro primo album Rockabilly Carter il 17 febbraio in uscita per Woodworm/Virgin Music LAS (Universal Music Italia.
«Prima eravamo un gruppo più esteso di amici che suonavano e cantavano nelle piazze per passione, poi abbiamo cominciato a scrivere le prime canzoni e a proporle in qualche localino milanese, prima del Covid» spiegano a turno i componenti del gruppo, in cui tutti cantano, Andrea “Armo” Arminio, Andrea “Mala” Malatesta, Francesco “Glampo” Lamperti e Tommaso “Petta” Manzoni. «Poi siamo stati notati da alcune persone che hanno cominciato a scommettere su di noi, ed abbiamo conosciuto il modo professionale di fare la musica. Poi ci siamo iscritti ad Area Sanremo perché era una possibilità concreta» aggiungono ancora emozionati e quasi increduli che l’orchestra del Festival intoni la loro Non mi va, con cui gareggiano.
Un brano up tempo, dal ritornello che ti si incolla, che sembra una allegra scorribanda in cerca di ragazze, mentre invece, spiegano, «è nata in periodo di pandemia e parla di insicurezza, di tutte le insicurezze che abbiamo, qui in particolare in rapporto a una relazione amorosa – spiegano –. Chi si atteggia in modo altezzoso o spavaldo quando approccia una ragazza, lo fa proprio perché è insicuro. Ma nel ritornello si dichiarano con molta sincerità i dubbi e le paure che abbiamo. Non mi va si riferisce a quando sei investito da una difficoltà e ti fermi, ma poi si sviluppa come un inno alla vita, un desiderio di andare oltre e rompere l’argine dell’inerzia e arrivare alla fine a non stare male». Insomma, i Colla Zio sono loro malgrado i portavoce di una generazione, loro che per inseguire un sogno musicale, si sono tirati su le maniche: «Ci siamo tutti iscritti all’università, poi dati i nostri risultati fallimentari e per la scelta di seguire la musica abbiamo lavorato per sostenere i costi di fare i musicisti: c’è chi ha fatto il meccanico, chi il magazziniere, mentre io ho fatto il cameriere, l’operaio in fabbrica, il commesso».
Per conoscerli meglio è bene ascoltare il loro album spiazzante, dove ogni brano è diverso dall’altro, e dove risulta originale la mescolanza di assoli di chitarra elettrica ed elettronica anni 80, echi cantautorali anni 70 e barre rap anni 90 che rispecchiano la diversa formazione musicale di ciascuno. « Influenze e generi prendono spunto dalla musica che ci piace ascoltare e suonare, non vorremmo fossilizzarci su un solo genere – aggiungono -. Sono canzoni scollegate? E’ vero solo in parte, il filo conduttore è Rockabilly Carter che dà titolo all’album, un gigante che parla un linguaggio che il mondo non capisce, ma a un certo momento si è messo a correre, a suonare la tromba e ad essere se stesso infischiandosene di cosa pensavano gli altri. Ovviamente è un personaggio metaforico che parla di noi: anche noi a volte ci sentiamo come lui, abbiamo bisogno di comunicare qualcosa al mondo, il nostro urlo».
I Colla Zio non pretendono di parlare a nome del mondo giovanile ma ammettono che «l’incomunicabilità è un problema del nostro tempo, anche dei nostri genitori: il non riuscire a comunicare quello che vorrebbe, perché o non si è compresi o si è fraintesi». Comunque tra l’amore per il rock dei Verdena e il rap contemporaneo spunta anche il cantautorato di Enzo Carella e il mito Lucio Dalla: «La genialità di Dalla a cui ci ispiriamo è quella di raccontare qualcosa attraverso delle storie» spiegano presentando un album in cui ritroviamo molto amore, spesso tormentato o nostalgico, dalla battistiana Mezz’ora alla delicata Chiara, dalla rappata Genova che ricorda le nostalgie rivierasche di Paolo Conte alla potente Patto col buio dove la solitudine di una ragazza viene rappata su un tappeto di chitarre e synth. Non resta che aspettarli all’Ariston e poi in tour italiano nei club a partire dal 22 marzo da Roma.