La chiesa costituisce pressoché un unicum dal punto di vista progettuale. Per la prima volta, infatti, arte e architettura sono state pensate insieme, coinvolgendo personalità riconosciute, disponibili a compiere una sincera ricerca spirituale. È questo il gesto di una committenza consapevole che, rigettando gli 'ismi' patetici e artificiali oggi imperanti nel mondo ecclesiale, ha realizzato una significativa opera del proprio tempo. Non si è dunque costruito un’architettura per “arredarla”, come se lo spazio ecclesiale fosse un salotto sulle cui pareti vanno messi i quadretti buoni di famiglia, ma si è realizzato un progetto venuto alla luce da un confronto, da un dialogo serrato.
Il risultato, soprattutto negli spazi interni, appare davvero convincente. Nulla sembra essere stato lasciato al caso: dal velario esterno, composto da una serie di aste in calcestruzzo bianco che nascondono le pareti dell’aula rettangolare, alle superfici interne, in cui sono state riprodotte immagini che suggeriscono il giardino dell’Eden.
Fondamentale è il ruolo della luce naturale. La scatola muraria è infatti forata, sui lati lunghi, da oblò che alleggeriscono la struttura e permettono alla luce di entrare, mentre fasci di luce radenti illuminano l’interno dall’alto, grazie a un lucernario perimetrale, creando una bellissima sensazione di calma, di pace e di riposo.
Centrale è il modo con il quale gli interventi artistici dialogano con l’architettura. Se Stefano Arienti ci accoglie all’ingresso con un portale dal titolo Collina mediorientale e Ferrario Fréres presenta una Via Crucis attualizzata nella città di Bergamo, una volta nell’aula, grazie ancora a Stefano Arienti, siamo invitati a immergerci in una sorta di radura, come in un giardino mediterraneo, caratterizzato da diafane e delicate cromie che spaziano dal bianco al grigio.
Sul fondo, Andrea Mastovito, ispirandosi a immagini fotografiche elaborate digitalmente, interviene nelle vetrate delle tre absidi, creando una sorta di scenografia vivente. I soggetti sono la Crocifissione e il Monte Golgota, le cui pendici si distendono nelle absidi laterali, facendo da fondale al tabernacolo e alla scena di Maria Addolorata, consolata da Maria di Cleopa, dalla Maddalena e da Giovanni XXIII. Un’unica linea d’orizzonte è resa con le tonalità dell’oro, per il cielo, e del bianco-ocra, per la terra.
La chiesa di Bergamo mostra bene come le numerose e giuste critiche di fronte alla drammatica mediocrità della contemporanea architettura religiosa non giustifichino taciturne diffidenze, repulsioni senza appello verso la cultura di oggi o indebiti e sin troppo facili ritorni al passato, volti a soddisfare un indefinito 'bisogno di mistero' dei fedeli, ma debbano stimolare la committenza a una ricerca intelligente e appassionata, per vivere con fede e fiducia le sfide del proprio tempo.