martedì 25 ottobre 2011
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​Sin dal 1918 Einaudi criticava Il dogma della sovranità e l’idea della Società delle nazioni, opprimente ogni vera libertà all’ombra tirannica dell’ideologia dell’assoluta sovranità statale. La sovranità assoluta dello Stato, idolo moderno, frutto astratto della “ragione ragionante” non può che condurre o ad un unico impero universale, che domini il mondo intero, oppure ad incessanti conflitti fra Stati appunto sovrani. Non dunque la sovranità, ma la rinuncia alla sua assolutezza, in nome della priorità della relazione con altri rispetto alla assoluta indipendenza, che non esiste in nessuna realtà, è la via da seguire per la pace fra popoli liberi.«La verità è il vincolo, non la sovranità degli Stati. La verità è la interdipendenza dei popoli liberi, non la loro indipendenza assoluta». Non è sufficiente affermare con orgoglio nazionale: «Noi apparteniamo a noi stessi»; occorre anche aggiungere in comunanza fra le diverse nazioni: «Noi apparteniamo anche agli altri [...]. Lo Stato isolato e sovrano perché bastevole a se stesso è una finzione dell’immaginazione; non può essere una realtà. Come l’individuo isolato non visse mai, salvoché nei quadri idillici di una poetica età dell’oro [...]. L’uomo di Stato deve ripetere l’insegnamento del Cristo: il superbo sarà umiliato e l’umile sarà esaltato». Solo nella disponibile sociabilità e umile socializzazione è possibile per l’uomo, per quanto egli possa, divinizzarsi, realizzare la propria singolare libertà proprio in quanto coesistente con altrui libertà, secondo un coincidere nella libertà della persona umana di indipendenza e relazione.Nel plaudere al messaggio di Natale di papa Pio XII del 24 dicembre 1945, critico degli Stati autoritari oppressori della libertà dei popoli, in un editoriale del 30 dicembre 1944 sul giornale elvetico “L’Italia e il secondo Risorgimento”, Einaudi così ne riassume le parole: «Oggi chi combatte la libertà combatte Dio sulla terra. Chiunque rinneghi la propria libertà rinnega Dio nella propria vita». Con vivo entusiasmo, poi, egli ne recepisce l’appello: «Di questo avvenimento noi cattolici possiamo ben dirci che esso vale a darci la gioia e l’orgoglio del tempo in cui siamo nati a vivere e combattere. Per i liberali cattolici è una liberazione. Per tutta la Cattolicità è un ordine perentorio [...]. Ogni cattolico sa che la libertà al di là d’ogni definizione complicata, la semplice libertà umana è voluta da Dio; che la sua difesa è comandata da Dio; che la dignità della persona nella libertà del suo pensiero e della sua parola è il riflesso divino che nobilita ogni sforzo umano, e senza il quale ogni sforzo umano non partecipa che della materia, e del peccato». Nell’editoriale del 27 dicembre 1945 uscito su “Risorgimento liberale”, Soprannazionale e non internazionale, Einaudi ribadisce la necessità di una “organizzazione soprannazionale” autorevole al di sopra delle singole sovranità statali. Innanzitutto, queste ultime non riuscirebbero comunque a durare, nemmeno a sopravvivere, «nel mondo moderno di comunicazioni rapide e di immediati istantanei rapporti di ogni uomo con ogni altro uomo sull’intiera superficie della terra». Inoltre, rinunciando a parte della propria sovranità a favore di istituzioni comuni superiori, dunque non solo internazionali ma precisamente sopranazionali, i molti Stati nazionali solleverebbero di fatto se stessi dall’occuparsi di onerosi problemi materiali, come primo fra tutti quello della difesa da aggressioni esterne, potendo piuttosto dedicarsi ed elevarsi ad attività migliori. Le variegatezze e peculiarità dei singoli Stati nazionali verrebbero mantenute ed esaltate, anziché represse, proprio e soltanto nel caso della creazione di una organizzazione autorevole “soprannazionale”.Einaudi trae spunto dal radiomessaggio natalizio, riscontrando nella tradizione cattolica e ne La città di Dio di sant’Agostino d’Ippona, in particolare, le fonti più profondamente capaci di alimentare uno spirito di armonia sopranazionale fra popoli e Stati, segno anche della non limitabilità della parola del Vangelo e dei Dieci comandamenti all’interno della Chiesa soltanto, anzi, della loro paradigmaticità essenziale per l’umanità intera: «Gli Stati nazionali non possono durare se non rinunciando a qualcosa di sé, a quel che di se stessi è la parte esteriore, al diritto folle di sopraffazione e di dominazione sugli altri». È proprio la Chiesa cattolica ad aver dato il buon esempio, attraverso il superamento dell’idea di mera internazionalità con quella di sopranazionalità: «Dobbiamo essere grati a Pio XII di avere sostituito, nel campo religioso, al concetto di internazionalità, che suppone quello di sovranità delle Chiese nazionali, l’idea della soprannazionalità; e di avere affermato che la soprannazionalità della Chiesa vuol dire veramente progresso ed arricchimento della vita dell’umanità».Quello che per sant’Agostino vale per la “città di Dio”, intesa come Chiesa, secondo Einaudi può essere perseguito anche in un organismo statale sopranazionale, ispirato all’ideale di “città divina”, già platonicamente interpretata. «Applichiamo alle cose terrene quel che sant’Agostino dice delle cose divine; ed applichiamole perché il divino ed il terreno sono in verità una cosa sola: come la Chiesa, anche lo Stato soprannazionale “non cura ciò che è diverso nei costumi, nelle leggi, nelle istituzioni; nulla di ciò esso rescinde o distrugge, ma piuttosto conserva e segue”».La “città divina” di ispirazione platonica, archetipo ideale ricercabile nella realtà storica dagli uomini liberi, è dunque, per Einaudi, la stessa “città di Dio” agostiniana, la Chiesa fatta di spiriti liberi, di persone che esercitino la propria libertà corrispondendo – incantati, stupefatti e meravigliati – ad una libertà ancora più abissale e grande: l’originaria libertà che è Dio.
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