venerdì 18 dicembre 2009
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Le «mamme di Nomadelfia»? Dino Buzzati ha di loro un’idea precisa: «Ci sono delle donne che sono state dei capolavori di umanità e non hanno scritto niente, non hanno detto niente, però sono state per gli altri delle fonti di consolazione e di bontà straordinaria». E don Zeno Saltini? Buzzati lo annovera tra «i rarissimi uomini profondamente buoni che io abbia conosciuto, che vivevano per gli altri e che avevano per caratteristica una vitalità spettacolosa». Questo pomeriggio, a Feltre, in provincia di Belluno, l’Associazione Internazionale Dino Buzzati si concede un’approfondita riflessione sul rapporto tra l’indimenticato scrittore e don Zeno di Nomadelfia, alla luce di un inedito che la rivista Studi buzzatiani pubblicherà prossimamente (per i tipi di Fabrizio Serra), con Sara Di Santo che presenta un saggio su quest’amicizia assai poco conosciuta e un dialogo inedito tra don Zeno, i suoi collaboratori e Buzzati, durante la visita del giornalista a Nomadelfia, il 30 maggio 1965. Buzzati, al termine del convegno, entrerà simbolicamente nel «Museo dei Sogni» della Comunità Villa San Francesco a Feltre; il direttore Aldo Bertelle vi depositerà un sasso della sua casa natale, in Val Belluna. Il primo articolo di Buzzati dedicato a Nomadelfia data al 12 maggio 1949: il giornalista conosce don Zeno attraverso il comitato milanese «Amici di Nomadelfia», istituito da padre Turoldo e animato dalla contessa Maria Giovanna Albertoni Pirelli e da Giuseppe Merzagora. A colpire Buzzati è in particolare la profonda spiritualità di don Zeno: «Ne resta rapito, talvolta attonito, e non lo nasconde – annota Di Santo –. Egli decide di agire. S’impegna anzitutto nel promuovere Nomadelfia nelle persone del suo rango, al fine di trovare fondi». Buzzati arriverà a scrivere che Nomadelfia «è un brevetto di Gesù». Seguono poi numerosi viaggi di don Zeno e dei suoi collaboratori Virgilio e Zaira a Milano per incontrare Buzzati e ne scaturiscono su Il Corriere della sera articoli intensi, di forte sostegno alla causa di Nomadelfia. Nel 1965 la decisione dello scrittore di visitare la realtà grossetana: «La visita della comunità offre al giornalista la possibilità di sperimentare di persona quel luogo di fratellanza di cui aveva narrato le virtù e gli eventi che la colpirono – ricorda la Di Santo –. I nomadelfi presenti a quell’incontro hanno memoria tuttora di Buzzati come una persona umile, quasi disarmato di fronte a un così straordinario spirito di comunione e alla spontaneità dei loro bambini. Colsero l’occasione di farsi raccontare dal giornalista i dettagli del suo recente viaggio al fianco di Paolo VI in India; e dopo qualche risposta titubante (dovuta alla difficoltà di trasmettere le emozioni provate), Buzzati comincia a porre lui delle domande ai suoi interlocutori (sentendosi, ovviamente, più a suo agio in veste d’intervistatore): ciò gli permetterà di raccogliere informazioni, o semplicemente qualche spunto, al fine di redigere un articolo nei giorni seguenti». Oggi a Feltre verrà presentata la lunga conversazione registrata in quei due giorni e ora trascritta integralmente nella rivista di studi sullo scrittore lombardo-veneto. Buzzati per esempio si interessa degli studi seguiti dai giovani nomadelfi nella «scuola familiare» applicata dalla comunità toscana e don Don Zeno precisa: «Diamo una cultura particolare, Buzzati. Andiamo per un’altra strada. La vita devono imparare a conoscere! Quando sono grandi faranno altre cose... Ma qui devono studiare la vita». E il giornalista: «È piuttosto il sistema d’insegnamento inglese, no?» «Non so – replica il fondatore –. Qui insegnano più a vivere che ad imparare a memoria le nozioni». Allora Buzzati aggiunge: «Per esempio, io ho fatto le elementari e poi 8 anni di studi classici: non c’è mai stato nessuno, se non indirettamente perché era una brava persona, che mi avesse insegnato a non dire bugie... A tenere fede alla parola data. Nessuno, niente, non esiste questo, neanche nelle scuole elementari. Poi insegnano quella che è la cultura, affidando tutto il resto alle famiglie. Ora, molte volte le famiglie non sono in grado, per vari motivi, d’insegnare come si deve vivere su questo mondo». La conversazione tocca vari argomenti, compreso quello della comunicazione e specificatamente il rapporto tra stampa e televisione: «L’amaro della vita giornalistica – confida lo scrittore – sta nel fatto che uno ha appena finito di scrivere un articolo che gli è costato fatiche, pene e preoccupazioni... e questo articolo già non esiste più».
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