sabato 10 gennaio 2009
Uno scritto inedito del filosofo cattolico scomparso un mese fa, grande esperto di mistica. Da sant’Ambrogio ad Abelardo fino a Saint-Exupéry e Fromm, un itinerario che delinea i nodi principali in cui il processo speculativo ha affrontato la gratuità del sentimento.
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Un mese fa, il 10 dicembre 2008, moriva improvvisamente a Roma il filosofo Massimo Baldini, a lungo collaboratore di «Avvenire». Baldini era nato a Greve in Chianti nel 1947 ed era preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Luiss ’’Guido Carli’’ di Roma, ove era anche ordinario di Semiotica e docente di Teorie e tecniche del linguaggio giornalistico e radiotelevisivo e di Semiotica dei linguaggi specialistici. In precedenza Baldini aveva anche insegnato nelle Università di Siena, Perugia e Bari. Tra le sue opere, ricordiamo «Educare all’ascolto» (La Scuola, 1996), «Le parole del silenzio (Paoline, 1992), «Contro il filosofese» (Laterza, 1992), «La storia dell’amicizia» (Armando, 2001) e «La storia della comunicazione» (Newton Compton, 2002). Qui pubblichiamo un suo scritto inedito sull’amicizia, che faceva parte di una pubblicazione dedicata all’umanista Boncompagno da Signa. Da sant’Ambrogio ad Abelardo fino a Saint-Exupéry e Fromm, un itinerario che delinea i nodi principali in cui il processo speculativo ha affrontato la gratuità del sentimento. Nel racconto autobiografico Il piccolo Principe, Antoine de Saint- Exupéry ( 1900- 1944) dedica all’amicizia alcune illuminanti riflessioni, riflessioni che sono tutte contenute nell’episodio in cui il suo piccolo protagonista, che sta cercando degli amici, incontra la volpe, la quale vorrebbe farsi da lui « addomesticare » , vorrebbe cioè che egli divenisse suo amico. « Se tu mi addomestichi – gli dice la volpe – noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo » . E aggiunge: « Se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata » . La volpe insegna, con dolcezza, al piccolo principe come sia importante quella cosa, da molti dimenticata, che è l’amicizia e come le amicizie, che possono essere tante, siano però anche tutte uniche. Una frase detta dalla volpe risalta sulle altre. « Gli uomini – essa afferma – non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici » . L’amicizia è un sentimento gratuito, un sentimento che non si può né comprare né vendere. I mercanti di amici non esistono, né con buona pace degli uomini del ventesimo secolo, possono esistere. La ricchezza, come già videro nei secoli passati numerosi filosofi e scrittori, non serve a procurarsi gli amici, o, meglio, non serve a procurarsi i « veri » amici, ma solo a circondarsi di molti « falsi » amici. « Le amicizie fra i poveri – scrive sant’Ambrogio – per lo più sono migliori di quelle fra i ricchi; e spesso i ricchi sono senza amici, mentre i poveri ne hanno molti. Non c’è infatti vera amicizia, dove c’è ingannevole adulazione. I più cercano di compiacere i ricchi con le adulazioni; con il povero nessuno finge. Tutto ciò che si dà al povero è sincero: l’amicizia che si ha per lui è senza invidia» . E Pietro Abelardo alcuni secoli più tardi ribadisce questo stesso concetto affermando che « chi è ricco non potrà mai sapere se i propri amici / lo sono della sua fortuna, o di sé. / Chi è povero, in questo felice, è libero da tale errore, / per questo la povertà sarebbe da preferirsi » . L’amicizia, dunque, non appartiene alla dimensione dell’avere ma a quella dell’essere. Non si hanno molti amici, ma si è amico di molte persone. L’amicizia non è una « cosa » che si può possedere. Dell’amicizia si può dire ciò che Fromm ha scritto sull’amore. « Si può – egli si chiede – avere amore? Se così fosse, l’amore dovrebbe necessariamente essere una cosa, una sostanza che si può avere, custodire, possedere. La verità è che non esiste affatto l’' amore' come cosa: si tratta di un’astrazione, forse una dea o un essere di un altro mondo, benché nessuno abbia mai visto la divinità in questione. In realtà, esiste soltanto l’atto di amare; e amare è un’attività produttiva, che implica l’occuparsi dell’altro, conoscere, rispondere, accettare, godere, si tratti di una persona, di un albero, di un dipinto, di un’idea ( ... ) Dal momento che amare è un’attività produttiva, si può soltanto essere in amore o entrare in stato amoroso; ma non si può ' prendersi' un amore, espressione che denota un atteggiamento passivo » . Brutti tempi sono quelli, per dirla con Karr, in cui gli uomini « vogliono avere un amico » , ma « nessuno si occupa di essere un amico » . Del resto, quanti si vantano di avere molti amici e, quindi, mostrano di ritenere che l’avere sia una categoria assolutamente naturale dell’esistenza umana sicuramente si sorprenderanno nell’ « apprendere che molte lingue non hanno un termine equivalente ad ' avere'. Così ad esempio in ebraico ' io ho' deve essere espresso mediante la forma indiretta jesh it (' è a me'; è mio). In effetti le lingue in cui il possesso viene espresso in questa forma anziché con l’' io ha', sono la maggioranza » . In breve, l’amicizia è un processo di cui si è protagonisti e non un possesso. Io posso essere amico di qualcuno, ma nell’amicizia non ho, non posseggo assolutamente nulla. Anzi, meno ho e più sono in grado di essere amico.
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