Sono ridiventate visibili nella loro quasi totalità nel 2009, grazie all’attento lavoro dell’équipe di restauro guidata dallo scomparso Luigi De Cesaris, ma da un paio d’anni a questa parte stanno divenendo una delle attrazioni per intenditori della Roma misteriosa e nascosta, oggetto di visite guidate e programmate per pochi intimi. Stiamo parlando dei tre grandi dipinti anamorfici che ornano i corridoi al primo piano del chiostro del convento di Trinità dei Monti. Posto accanto alla famosa chiesa, in cima alla scalinata, è intitolato a San Francesco di Paola e fino al XVIII secolo era abitato dai frati Minimi. Nell’800 è passato alle suore del Sacro Cuore e da qualche tempo è abitato dalla Fraternità monastica di Gerusalemme.I tre dipinti murali (a secco) sono coevi. Sono stati realizzati da due frati minimi: il padre Emmanuel Maignan e il padre Jean-François Nicéron, che si erano conosciuti in un precedente soggiorno romano nel 1639. Fra i due (dodici anni di differenza) si dice sia nata una sorta di sfida tecnica e di collaborazione esegetico-pedagogica proprio nei corridoi del convento di Trinità dei Monti. Entrambi studiosi delle tecniche anamorfiche concepirono i tre dipinti come un unico sistema espressivo che doveva comunicare un senso alto della fede e del carisma spirituale dei Minimi, riletti in chiave cartesiana.Ma andiamo per ordine. Nicéron dipinge nel 1642 sulle pareti del corridoio posto sul lato orientale del chiostro, un San Giovanni Evangelista che scrive l’Apocalisse sull’isola di Patmos, che fino ai restauri chiusi nel 2009, voluti dai Pii stabilimenti della Francia a Roma e a Loreto, si riteneva scomparso sotto le intonacature plurime che lo avevano coperto sin dall’epoca dell’occupazione francese a fine ’700. Un dipinto policromo lungo quanto il corridoio (circa 20 metri) nel quale Nicéron utilizza tutte le sue conoscenze sull’anamorfosi (tecnica di cui era uno dei massimi teorici) senza tuttavia far perdere all’immagine la forza espressiva. In sostanza la figura di San Giovanni si può vedere in tutta la sua maestosità da un solo angolo visuale, posto lateralmente. Dalla visione frontale, invece, emergono scritte e particolari esplicativi posti in un ambiente collocabile sull’isola greca di Patmos, dove l’evangelista ebbe la visione che lo portò a scrivere l’Apocalisse. Alla duplice visione (quella spirituale dell’Apocalisse e quella prospettica dell’anamorfosi) si riferisce la scritta in greco che si legge sul libro in mano a San Giovanni: «L’apocalisse dell’ottica è testimone oculare dell’Apocalisse». Frase che costituisce nei fatti la chiave di lettura dell’intero ciclo pittorico, come ben illustrano in un saggio del 2012 da Agostino De Rosa, Alessio Bortot, Cristian Boscaro, Cosimo Monteleone ed Elena Trevisan dell’Università Iuav di Venezia. Pittore e matematico, Nicéron, nel suo scritto
perspective curieuse del 1638 (ripubblicato postumo, ampliato e in latino nel 1648 col titolo
Thaumaturgus opticus) definiva l’anarmofosi come "magia artificiale" intesa quale simbolo della "magia naturale" attraverso la quale la confusa immagine del creato ritrova il suo senso autentico in Dio. Con questa logica, sul corridoio posto simmetricamente sul lato occidentale del chiostro, due anni dopo Maignan dipinge il San Francesco di Paola orante ai piedi di un albero. Opera da sempre conosciuta e notissima (agli studiosi del genere) sia per la qualità sia per la tecnica dell’anamorfosi palindroma. Dall’angolo visuale laterale, infatti, emerge nitida la figura ieratica del Santo. La visione frontale, invece, mostra un paesaggio calabrese, terra d’origine del fondatore dei Minimi.Quindi: su un corridoio il Santo Fondatore, sull’altro la visione escatologica, massimo riferimento per la spiritualità dell’Ordine. In mezzo, sulle pareti e sulla volta del corridoio che unisce gli altri due, sul lato Nord, la proiezione anamorfica catottrica (per il significato leggere l’approfondimento in pagina) di un astrolabio, realizzato da Maignan, ma questa volta, sembra, in collaborazione con Nicéron. Una realizzazione prospettica sofisticatissima, nata per sfruttare la luce che, riflessa da uno specchio, entrava dall’esterno attraverso uno spiraglio e andava a illuminare, col movimento del sole, singole porzioni del dipinto relative anche ai luoghi toccati dall’evangelizzazione dei Minimi. Sul significato dell’astrolabio e dei tre dipinti si sono scritte pagine e pagine, in particolare da De Rosa, intervistato di recente su questo argomento dal "Giornale dell’arte" e autore, fra l’altro, di un volume su Nicéron, edito da Aracne (viene presentato domani al Convento di Trinità dei Monti, con padre Bernard Ardura, presidente del Pontificio comitato di scienze storiche), che riprende nel titolo la definizione di "magia artificiale". De Rosa è un matematico, poiché le prospettive anamorfiche, come ben sapeva Nicéron, si sviluppano attraverso algoritmi matematici. Analoghi studi sulle anamorfosi e Nicéron sono stati condotti dall’Enea, in particolare da Paolo Di Lazzaro e Daniele Murra.Dicevamo, all’inizio, della "chiave cartesiana". Negli anni in cui vengono realizzati i tre dipinti il convento di Trinità dei Monti è sotto la protezione del cardinale Ludovico Richelieu, fratello del più famoso consigliere di Luigi XIII. Fra lui e i due pittori nasce una sorta di sodalizio culturale nel quale entra a far parte anche il padre Marin Mersenne (1588-1648), che era stato allievo di Descartes. E proprio del filosofo francese era l’idea che l’occhio fornisse una visione falsata della complessa realtà della creazione, che poteva essere ricostruita nella sua verità attraverso le scienze matematiche.Nicéron realizzò nel 1644 una copia del suo San Giovanni anamorfico nel convento dei Minimi di Place Royal a Parigi, conclusa da Maignan e andata perduta. Quattro sue tele anamorfiche (50x66) in proiezione cilindrica sono conservate alla galleria Barberini di Roma e a Firenze. E se si visita il convento di Trinità dei Monti, oltre a non perdere la meravigliosa
Deposizione di Daniele da Volterra su disegno di Michelangelo conservata nella limitrofa Chiesa, è di rigore visitare il refettorio con i
trompe-l’oeil seicenteschi del gesuita Andrea Pozzo. Proprio sul convento, a settembre i Pii stabilimenti organizzeranno un grande convegno.