Bozzetto di studio: genesi e percorso realizzativo delle installazioni nel giardino del monastero benedettino - © studio Albori
Il Padiglione vaticano, parte della 18ª Mostra Internazionale di Architettura (Venezia, 20 maggio - 26 novembre) sarà allestito negli spazi e nel giardino dell’abbazia benedettina di San Giorgio Maggiore, e avrà per titolo Amicizia sociale: incontrarsi nel giardino. Il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, in qualità di commissario del padiglione, e il curatore Roberto Cremascoli hanno chiamato il portoghese Álvaro Siza, 90 anni, uno dei massimi architetti viventi e che più volte si è dedicato al tema del sacro, insieme al collettivo italiano Studio Albori (Emanuele Almagioni, Giacomo Borella, Francesca Riva), specializzato in una architettura basata sui processi partecipativi ed ecologici, e agli ortisti dell’associazione culturale About (Michela Valerio, Agostino Vazzoler e Riccardo Bermani). Il concept è strutturato sulle encicliche di papa Francesco Laudato si’ e Fratelli tutti e sarà accompagnato da un ricco catalogo-laboratorio, del quale anticipiamo i testi di Cremascoli (Bla-bla-bla: niente di nuovo come incontrarsi nel giardino) e Siza; dopo i contributi di Tolentino (Qualcosa che coinvolga tutti) e dell’abate benedettino Stefano Visentin (Il Padiglione della Santa Sede all’abbazia di San Giorgio Maggiore), le tre sezioni sono illustrate da Michela Valerio, Agostino Vazzoler e Riccardo Bermani (Orto), da Studio Albori e da Nicola Vignaga (Incontrarsi nel giardino) e da Álvaro Siza (O encontro); chiudono le riflessioni Orti Salsi, amicizia di uomini e piante di Wigwam Club Giardini Storici Venezia e Dopo l’architettura dei buoni propositi: piccole azioni di valore non quantificabile di Mirko Zardini.
L’associazione culturale About al lavoro nell’orto disegnato con lo studio Albori, vista dal campanile della Basilica di San Giorgio Maggiore - © Marco Cremascoli
Il Padiglione vaticano non sarà uno spazio finito ma un modus operandi: installazioni per fare ordine tramite il disegno e la pratica di gesti semplici, presi dall’uso quotidiano e monastico «Annegano i nostri sogni e speranze nel loro oceano di parole e promesse vuote. Certo, occorre ingaggiare un dialogo, ma siamo ormai a trent’anni di bla bla bla, e a cosa è servito? Non abbiamo un pianeta B. Non abbiamo un pianeta bla – bla bla bla, bla bla bla...>. L’attivista Greta Thunberg pronuncia il discorso meglio conosciuto come quello del “bla-bla-bla” a Glasgow durante la 26ª conferenza sul clima delle Nazioni Unite, rivolgendo un monito non solo a coloro che amministrano il pianeta, ma anche a chiunque lo abiti e che, con piccoli gesti, può prendersi cura di ciò che lo circonda. Il Santo Padre Francesco nel 2020, in piena emergenza sanitaria da Covid-19, si mostrava al mondo da solo, nell’immensa piazza San Pietro, lui in quella immagine di grande forza poetica di fronte al mondo.
C’è bisogno di coraggio per abitare il vuoto, per affrontare la solitudine. Facciamo sempre l’errore di riempire gli spazi vuoti, di occuparli in eccesso. Prendersi cura del pianeta, come ci prendiamo cura di noi stessi, e celebrare la cultura dell’incontro sono gli insegna- menti tratti dalle encicliche di Francesco Laudato si’ (2015) e Fratelli tutti (2020), che si trasformano nella guida al percorso espositivo della partecipazione del Vaticano alla 18ª Mostra Internazionale di Architettura La Biennale di Venezia 2023. La Santa Sede ha scelto di abitare le sale e il giardino dell’Abbazia di San Giorgio Maggiore a Venezia, ospitata dai monaci che già dimorano in quei luoghi. Il monastero benedettino diventa così lo scenario di Amicizia sociale: incontrarsi nel giardino, in risposta al tema “Il laboratorio del futuro” proposto dalla curatrice generale della mostra Lesley Lokko. Le peculiarità di Venezia la rendono da sempre un ambito di sperimentazione: c’è l’acqua, non ci sono le automobili e il loro inquinamento, ci si muove a piedi, si è costruita come una sequenza di spazi a scala umana. La comunità benedettina si insedia in uno dei più caratteristici luoghi di questa sequenza urbana/lagunare: l’Isola di San Giorgio Maggiore alla Giudecca.
Qui si realizza la costruzione di un processo reale, la dimensione evocativa di un progetto che non è necessariamente pensato per definire uno spazio finito, bensì un modus operandi. Con le “installazioni” realizzate, ci siamo occupati di fare ordine mediante il disegno e la pratica di gesti semplici, presi dall’uso quotidiano e dal modello di vita monastico. Il primo atto è stato quello, insieme al gruppo di ortisti Michela Valerio, Agostino Vazzoler e Riccardo Bermani (associazione culturale About) di fare ordine nel giardino, integrando le essenze esistenti con le nuove piantumazioni dell’orto, composto da varie sezioni di ortaggi (per consumo conventuale o esterno), erbe aromatiche e officinali, erbe spontanee e fiori eduli (per gli spazi contemplativi). La disposizione delle colture si identifica con un elemento della natura sole, terra, aria, acqua - associando la parte commestibile delle piante al proprio elemento: i frutti che hanno bisogno di sole (pomodori), le radici e tuberi che crescono sotto terra, i fiori profumati che si muovono nell’aria, le foglie sono ricche d’acqua.
Laddove è stato possibile, esiste una suddivisione dell’orto in aree geografiche per raccontare l’origine delle essenze: nella sezione frutti-sole sono presenti principalmente piante che vengono dalle Americhe e nella sezione radici-terra invece sono predominanti piante del bacino Mediterraneo (Europa meridionale, Medio Oriente, Vicino Oriente). Il secondo atto è eseguito su disegno e costruzione del collettivo di architetti Studio Albori (Emanuele Almagioni, Giacomo Borella, Francesca Riva) che, grazie allo sviluppo di una pratica multidisciplinare, frequenta la realtà di progetto coniugando le attività di architettura ai processi partecipativi ed ecologici. Attraverso il riuso del materiale tratto dalla rimozione di un’abitazione a Cortina d’Ampezzo, sono stati realizzati manufatti per ospitare un pollaio e altri che rendono possibile la sosta nell’orto, il riparo, l’incontro o semplicemente la contemplazione. Si tratta di un chiosco con pergola (limonaia), di un parasole con sedute, il deposito dei semi con pergola e riparo, una serra.
Il terzo atto, l’origine, è quello che accoglie il visitatore all’inizio del percorso espositivo: l’installazione O encontro (“L’incontro”) di Álvaro Siza. Una sequenza di figure si dispongono dalla galleria principale attraverso le sale fino a raggiungere il giardino. Ci accolgono a braccia aperte, in ginocchio o ci salu- tano. Dialogano con lo spazio incolume del monastero, dialogano tra di loro, dialogano con i visitatori. Con la loro gestualità ci conducono fino all’incontro nel giardino, il luogo della contemplazione.
Roberto Cremascoli
Álvaro Siza: incroci a San Giorgio
Il progettista portoghese racconta l’ideazione delle nove figure della sua installazione: «Invadono il giardino, vanno verso i simili che arriveranno»
Modello di studio generale delle figure negli spazi dell’Abbazia di San Giorgio Maggiore realizzata da Álvaro Siza - © Álvaro Siza
Ricevo l’incarico di realizzare un’installazione a San Giorgio Maggiore, durante la Biennale di Venezia: il Padiglione della Santa Sede. Come tema proposto: “Incontro”. Un’occasione stimolante e al contempo spaventosa, per il tema, per la bellezza dello spazio destinato e per l’audacia di intervenire in esso. Il tempo a disposizione è scarso, la salute del momento precaria. Penso di rinunciare. Riconsidero. Giorni dopo stendo sul pavimento dello studio un grande foglio di carta che riproduce la pianta delle sale in questione, a scala 1:10. Torno a casa. Giorni dopo disegno una figura alla stessa scala, pensando nel tema e nel materiale da utilizzare. Il “computer” da rigore alla figura, ne segue un modellino. Lo colloco a caso sulla pianta distesa sul pavimento, facendolo scorrere attraverso i quattro spazi: galleria d’accesso, due sale di 7,5x5 metri e una sala intermedia di 7,5x3 – finestre e porte aperte sul giardino affidato allo studio Albori (Emanuele Almagioni, Giacomo Borella, Francesca Riva). Alla prima immagine disegnata e subito realizzata, in Criptoméria dalle Azzorre, se ne uniscono altre otto, costruite allo stesso modo, e altre due in marmo bianco, a segnalare le entrate a partire dalla galleria e dal giardino. Le dispongo sulla pianta, isolate o in gruppo, scegliendo con attenzione la loro posizione e informando e ascoltando Roberto Cremascoli. Partono per Venezia e immagino la loro prestazione. Si muovono con ansia, salutano, alzano le braccia – figure schematiche, quasi rozze, in contrasto con la delicatezza degli spazi. Invadono il giardino, all’incontro dei simili che arriveranno. Immagino uno sciame di persone che incrocia loro, senza nasconderle o farle cadere. Dopo il ri-incontro, le luci di San Giorgio si spengono. Torna la tranquillità.
Álvaro Siza