Il rapper Alfa e il cantautore Roberto Vecchioni duettano in "Sogna, ragazzo, sogna" - Foto di Filiberto Signorello
“Sogna ragazzo sogna / ti ho lasciato un foglio /sulla scrivania/ manca solo un verso /a quella poesia /puoi finirla tu”. Roberto Vecchioni guarda negli occhi Alfa e il rapper completa con l’entusiasmo dei suoi 23 anni l’iconico brano del professore chiudendo con un commovente: “Se mi guardo attorno / penso che sono fortunato / non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato”. Quel passaggio di testimone tra generazioni di cantautori nella serata delle cover sul palco dell’Ariston ha commosso il pubblico della 74ma edizione del Festival di Sanremo. Ma anche lo stesso Alfa, al secolo Andrea De Filippi, cantautore genovese, classe 2000. «Per me c’è un prima e un dopo quel momento, Vecchioni mi ha dato uno spessore che mai avrei sognato» racconta ad Avvenire il cantante che ha appena lanciato sulle piattaforme digitali, per Artist First e DM Produzioni, la nuova versione di Sogna, ragazzo, sogna registrata in studio con Vecchioni.
Esponente della Generazione Z, Alfa è un ragazzo semplice ed un cantautore che mette sempre l'amore al centro delle sue canzoni perché, per lui, l'essere romantici e “normali” è la vera rivoluzione. Lo dimostra il suo terzo album in studio Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato, uscito da poco, dove si guarda al mondo con occhi positivi e voglia di vivere (come nel brano Vai! che ha portato in gara all’ultimo Sanremo). Non a caso Vecchioni introduce l’album con una poesia. Intanto ha preso il via con un sold out al Forum di Milano il suo primo tour nei palazzetti: sarà il 16 aprile a Napoli, il 19 aprile a Bari e il 21 aprile a Firenze. Con più di 435 mila iscritti al canale Youtube e oltre 1.5 milione di follower su TikTok, Alfa conta oltre 608 milioni di stream sulle piattaforme digitali e oltre 182 milioni di views su Youtube oltre a svariati dischi d’oro e di platino. Ma lui oggi dice di non fare più caso ai numeri, che vanno e che vengono, per rimanere ben piantato con i piedi nel reale.
Alfa, come è stato l’incontro con Roberto Vecchioni?
Io sono nato in quel modo lì, i miei genitori si sono innamorati su Luci a San Siro, io avevo il poster di Vecchioni in cameretta. Cantare con lui è stato un regalo della vita. Sono grato al professore di avere accettato l’invito per la serata delle cover a Sanremo e di avermi permesso di scrivere il finale della canzone. Ci son dentro la mia infanzia e i miei ricordi. Abbiamo registrato una nuova versione in studio, ma abbiamo mantenuto l’arrangiamento con gli archi sentito al Festival.
Il professore ha dimostrato fiducia verso la sua generazione lasciandole completare il suo pezzo
Un grande segno. Oggi c’è tanto cinismo sulle nuove generazioni, perché viviamo sui social, cosa difficile da capire per gli adulti. Siamo molto poco politici, sembriamo una gioventù “sdraiata”, ma in realtà abbiamo valori diversi e persone come il professore comprende la nostra vitalità. Siamo pieni di ansie, bloccati, irrisolti. Ma abbiamo valori importanti: tutte le battaglie sulla parità di genere e l’ecologia sono state mosse in primis dalla mia generazione. Le nostre sono battaglie poco politiche e molto ideali, la mia generazione cerca bellezza.
La parte rap da lei aggiunta a Sogna, ragazzo, sogna cosa racconta di voi?
Quella strofa l’avevo scritta per i fatti miei tempo prima, io in genere scrivo per me. C’è l’incertezza, dico che voglio cancellare e scrivere, perché non so se sarà poesia. La nostra generazione non si sente degna di proseguire i compiti delle generazioni precedenti, è molto schiacciata dall’ansia e dal giudizio. Il professore ha particolarmente apprezzato. La prima volta è venuto alle prove col mio testo in mano e ne ha parlato come un fosse un compito di greco, Vecchioni che parla del tuo testo come fosse poesia…incredibile. Mi ha accolto nella sua famiglia, sono molto amico di suo figlio, si è creato un rapporto fra di noi, potrebbe venire a cantare nei palazzetti con me. Sottolineo la grandezza di un uomo che non avrebbe avuto bisogno di venire a Sanremo, invece decide di puntare su un ragazzo ed esaltarne la vitalità. Lui mi ha cambiato la vita. C’è un prima e un dopo quella esibizione all’Ariston. Mi ha dato uno spetssore che mai mi sarei sognato.
Lei parla della fragilità dei suoi coetanei, ma Alfa sembra avere trovato un equilibrio.
Io sono tutt’altro che risolto, ma ho un approccio diverso. Sono una persona che soffre e ha ansia come tutti, ma dopo il Covid ho avuto un modo di reagire diverso. Enso che ci sia tanto egocentrismo, le persone non riescono a uscire dai propri pensieri. Io per crescere in primis ho iniziato a osservare, essendo un timido. Ora ho scritto un disco d’amore da osservatore: abbassavo le cuffie per ascoltare i discorsi delle persone sui mezzi o ascoltavo le conversazioni al bar. Questo ti fa connettere con la normalità.
Sanremo in tanti suoi giovani colleghi hanno cantato ed espresso il disagio che vivono, soprattutto Sangiovanni che ha deciso di fermarsi per le troppe pressioni.
C’è tanta sofferenza, iniziare ad avere successo nella musica da giovanissimo non è una cosa buona. Anche io ho sofferto di depressione dopo il successo improvviso delle prime canzoni. Ma ho trovato un modo di rimanere normali, mi sveglio ogni mattina grato alla vita perché faccio lavoro dei miei sogni. Sono grato a prescindere se le canzoni vanno bene o male. Io sono uscito da una certa logica, fare i numeri era il mio modo di esistere prima, ma col Covid di è fermato tutto. Quindi ho suonato ovunque, dalla piazza alla gelateria e questo mi ha connesso alla normalità.
A proposito di normalità, lei si è presentato in maglietta e jeans neri e sneakers per tutto il Festival, al contrario degli altri Big vestiti da grandi stilisti.
Per carità, con quegli abiti di lusso sembrerei un bambino alla Comunione (ride, ndr). Oggi la musica ha il problema dell’estetica, la musica è solo estetica, l’occhio è più soddisfatto dell’orecchio. Io non voglio essere “cool”, io voglio essere l’”anticool”. Mi sono stancato di questi progetti che pensano solo ai vestiti, servono le canzoni per costruire una carriera.
Si sente erede della scuola cantautorale genovese?
Genova è una citta che anche se non vuoi ti fa incontrare i grandi cantautori, che ti porta a conoscere quel mondo. Nei vicoli ci sono scritte le frasi di De André, i miei genitori mi hanno cresciuto con De André e Gino Paoli. Sto cercando di prendere il buono, anche se essere un cantautore genovese è una spada di Damocle gigantesca.
Veniamo all’album. A partire dal titolo: chi è questo Dio "innamorato”?
La frase è mia, ma si ispira al Simposio di Platone di amore. Non parlo dell’amore mio, ma il disco è incentrato sull’amore in maniera universale. Poi mi ispiro a Paolo Crepet che mi è sempre molto piaciuto, ad Eric Fromm e al suo L’arte di amare sino a Saffo.
Si vede che lei ha fatto il classico. Ma c’è anche qualcosa di biblico nel suo titolo?
La copertina è un cuore giallo circondato da cerchi multicolor, una visione del Big Bang colorata. C’è un pensiero di creazione molto biblico. Questo è un concept album che parla d’amore in più sfumature possibili.
Anche l’amore sbagliato. Nel brano Frida lei affronta il delicato tema dei femminicidi.
E’ il brano più impegnato del disco. Io ho sempre usato la musica in modo ludico, cantando di crescita e passione. Ma quando accadde il caso di Giulia Cecchettin sono rimasto molto colpito: dall’età e dalla loro incredibile normalità. Mi è scattato un ragionamento. Ho cercato di dire che mi vergogno a essere uomo. Vuole essere anche una provocazione perché non si può più dire “non tutti gli uomini”. È proprio il tipo di cultura e di visione: ci siamo tutti dentro. Non abbiamo le stesse colpe di un omicida, ma credo che iniziare a dirlo sia un primo passo.
Tutti i suoi brani sono comunque molto positivi.
Io sono cresciuto con Cesare Cremonini e Jovanotti e amo quella vitalità. Sono anche per le carriere maratona come le loro.
Merito anche dei suoi genitori?
Devo molto ai miei genitori dal punto di vista pedagogico, mi hanno insegnato ad amarmi, così sei meno soggetto agli urti della vita. Certo, mia madre che è psichiatra mi avrebbe voluto medico. Il mio mondo è difficile da capire per chi ha scelto un altro tipo di vita. Ma è già cinque anni che faccio musica, che di questi tempi è un record. E, comunque, sarei stato un pessimo medico…