sabato 22 agosto 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro direttore, sono un cittadino italiano, un religioso francescano e un presbitero qualunque. Ho visto le immagini (disgustose) e letto le cronache (anche quella di “Avvenire” di oggi. [ieri, ndr]) delle esequie del signor Vittorio Casamonica, svoltesi giovedì mattina a Roma. Sconcerto, rabbia e pena e altri sentimenti ancora si sono mescolati. Tutti insieme. Due cose mi vengono in mente; una è che, spero, un giorno possa arrivare all’orecchio e al cuore di tutti coloro che hanno macchinato tale carnevalesca messinscena è che, come disse Papa Giovanni Paolo II, gridando nella Valle dei Templi ad Agrigento: «Un giorno, un giorno verrà il giudizio di Dio». La seconda, a mia e ad altrui consolazione le parole della Vergine Maria quando cantò alla presenza di Elisabetta: «Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili». Infine una preghiera: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”.Fra Adriano Bertero, Umbertide
Gentile direttore,nel caso del funerale Casamonica, per le notizie che si hanno finora, attribuire colpe alla Chiesa e in modo particolare al prete che ha celebrato le esequie, mi sembra demenziale. I mafiosi sono scomunicati? Sì, ma occorrono regole certe per giudicarli tali. E un parroco deve essere in possesso di documenti certi. Li aveva il parroco romano di San Giovanni Bosco? Se il signor Vittorio Casamonica ne aveva combinate di tutti i colori, perché era a piede libero? Quello che poi è avvenuto fuori dalla Chiesa, è successo dopo ed è un’altra insopportabile storia...Pietro Ferretti
Gentile direttore,come può immaginare lo sconcerto per i funerali di Casamonica, anche e soprattutto tra i fedeli, è grande. La prego di suggerire ai vescovi di chiedere scusa al popolo cristiano e al mondo, per quel che è accaduto. Provo tanta vergogna. E tutto ciò dopo che il Papa ha parlato contro il dio-denaro! Mi chiedo inoltre: non pende la scomunica sulla mafia? Anche tra gli “scomunicati” ci sono due pesi e due misure? È uno sfogo, mi scusi. Ma sono disgustato. Cordiali salutiGiuseppe Sardo
Gentile direttore,Casamonica? Chi era costui? Nessuno sapeva. Il Prefetto e il Questore non erano stati avvisati neanche dalle segreterie. L’Enav forse aveva autorizzato il volo dell’elicottero per lanciare petali di rose. Il sindaco ed il vicesindaco non sapevano e non erano stati avvisati né da vigili né da segretari. Nessuno ha visto, detto, sentito nella Capitale in attesa di giudizio per mafia. La colpa certa è solo del parroco, povero utile “straccio” da far volare al vento, visto che non poteva non sapere non avendo segreterie su cui scaricare responsabilità di mancato avviso. Merito di Casamonica, il povero defunto, è di svelare che anche tutti questi “Re di Roma” sono nudi.Piero Schirripa
Caro direttore,nei 13 anni in cui ho esercitato il mio ministero religioso, nella cappella di un grande cimitero di Milano, ho avuto l’occasione di accogliere per la sepoltura due donne e un giovane, che avevano posizione di rilievo tra i sinti e i rom. Si sono presentati con carrozza a 6 cavalli, banda musicale, decine di corone di fiori che venivano sfogliate formando un tappeto su cui passava la bara, portata rigorosamente a spalla. Durante l’avvicinamento, il corteo passava e si soffermava nei pressi di altre tombe di persone congiunte del morto. Alla mia richiesta di spiegazione di tanto “sfarzo”, mi rispondevano che la defunta era la “regina” di una tribù. Il culto dei defunti, per sé emotivamente il più forte che io conosca, presso tali popolazioni si esprime con il rituale e l’enfasi proprie della loro cultura. Che poi, la persona di cui al funerale dell’altro ieri, indicato come “scandaloso” dai media, avesse svolto attività poco raccomandabili posso solo immaginarlo, ma chiamarlo “re”, penso dipendesse solo dalla cultura dei parenti del loro “caro estinto”. Terrei distinta la dimensione mafiosa: è un ulteriore “accidente”, su cui soprattutto in questo caso non ho alcuna competenza per parlare.diacono Lucio Antonelli, Milano
Come era prevedibile le reazioni al funerale-spettacolo del capo del clan Casamonica sono molte e intense, anche per il grande battage mediatico che ha accompagnato quell’evento sconcertante e irritante sotto molti e diversi profili. Un battage enorme, che ne ha enfatizzato a dismisura proprio gli aspetti – uso volutamente questo concetto che non amo – più censurabili. Da uomo di comunicazione penso, non è la prima volta che lo scrivo e lo dico, che in certe occasioni siamo noi cronisti a dar ragione ai pianificatori del clamore sbagliato. E naturalmente lo facciamo autoassolvendoci in nome del dovere di cronaca. Non sono d’accordo. Il funerale “reale” di Vittorio Casamonica è stato reso tale e indimenticabile dai mass media non da una gigantografia abusivamente srotolata fuori da una chiesa romana. Trovo perciò ancor più raziocinanti e belle, ognuna a suo modo, le reazioni di questi amici lettori. Mi ha fatto bene leggerle e meditarle nei loro diversi accenti, così come mi ha fatto bene riflettere sulle ferme e sagge parole del vescovo ausiliare di Roma, monsignor Marciante, raccolte nell’intervista che pubblichiamo oggi. Quanto è avvenuto giovedì mi conferma che la Chiesa ha scelto bene decidendo di combattere la mafia, in tutte le sue forme, anche dandosi regole per far sì che funerali, matrimoni e battesimi non diventino “palcoscenico” per esibire il volto apparentemente pulito dell’arroganza criminale e dell’ingiusto potere che esercita su persone e territori. Ma mi conferma anche che ognuno deve fare per intero e con coscienza la propria parte. Autorità civili e giornalisti compresi, anzi in prima fila. (mt)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI