venerdì 31 gennaio 2014
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(19/9/2009) «L'avevo detto un anno fa: Castel Volturno deve diventare una questione nazionale. Invece non è stato così. Questa zona non è assimilabile, per la sua singolarità, a nessuna situazione presente in Italia. E il comune da solo non ce la può fare. Allora io torno a chiedere: il governo si deve far carico di porre la questione all'ordine del giorno senza pregiudizi, senza preclusioni, senza schemi ideologici o razzisti. Certo ci sono le risposte del volontariato, ma non bastano. Altrimenti corriamo il rischio che il drammatico scenario di un anno fa torni a ripetersi». Parole amare quelle di monsignor Bruno Schettino, arcivescovo di Capua e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni. Ma anche proposte precise. «Si può cominciare a risolvere il problema dando a questi nostri fratelli il permesso di soggiorno e permettere così di distribuirsi su un territorio molto più vasto. Bisogna trovare modalità concrete per superare le rigidità della legge e determinare un'accoglienza per persone che sono venute da noi per trovare lavoro e dignità». Qui la chiesa non si è mai tirata indietro. Il centro Fernandes, le suore nigeriane, i padri comboniani, un diacono permanente e due famiglie neocatecumenali. «Io stesso vado ogni tre giorni a Castel Volturno, e ci resto molte ore. Gli immigrati mi voglio parlare, si fidano, pensi che mi chiamano "papà"...». Un impegno concreto perché «la chiesa, il volontariato devono dare risposte adeguate a quelle che sono le giuste e vere domande di questa povera gente. Oltretutto, sicuramente almeno il settanta per cento di loro sono cristiani». Monsignor Schettino ma davvero non è cambiato niente? C'è stata sicuramente una maggiore presenza dello Stato, anche con l'Esercito.Ma per essere sinceri il problema globale rimane ancora tale: il territorio ha una presenza eccessiva di immigrati. È una sorta di Africa in Italia. Qui gli immigrati si sentono più protetti, più accolti da una benevolenza generale. Nessuno è mai morto di fame a Castel Volturno. Certo ci sono momenti di frizione con la popolazione ma altrove ci sarebbero state sommosse. Sono convinto che Castel Volturno sia un grande laboratorio, umano e di fede. Insomma qui c'è tutto il male possibile però c'è anche tutto il bene possibile. Otre alle forze negative della camorra ci sono anche tante forze positive, gente che lavora, che si impegna, gente che piange e che aiuta. Ma può bastare il permesso di soggiorno? Non risolve tutto ma dà la possibilità, almeno in teoria, di andare altrove per trovare un lavoro. Perché il lavoro è fondamentale. E allora servono corsi di formazione professionale e di lingua, per avere lavoro qualificato e una vera integrazione. Solo così si evita che l'immigrazione diventi una sorta di riserva di manovalanza per la camorra. Perché la camorra non è stata ancora sconfitta... Certo che esiste ancora. È la camorra che distrugge il tessuto economico, che non vuole lo sviluppo del territorio, che opprime i poveri, che li sfrutta. La camorra è il male. Ma c'è anche una mentalità camorrista, che è ancora peggio. L'una e l'altra insieme determinano una forte caduta di valori e di umanità. Ma la camorra non può essere l'alibi per non lavorare e attribuirle tutto, perché c'è anche una responsabilità personale di coloro che detengono il potere politico, economico, sociale e religioso. Dobbiamo lavorare per combattere il male ma anche per costruire il bene, l'uno e l'altro insieme. Lottare frontalmente contro la camorra ma anche creare un retroterra culturale, umano di opposizione, senza far chiasso ma dando risposte positive.
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