La composizione media della famiglia italiana, secondo l’ultimo censimento Istat, è di 2,4 componenti. Fa sempre un certo effetto analizzare le cifre delle indagini statistiche quando sono applicate agli esseri umani, con le loro frazioni di individui, i "mezzi" figli, i genitori ridotti a "quarti". Finché si tratta di polli da tagliare, in fondo, il "trancio" ci sta tutto. Ma con le persone è tutta un’altra storia. Eppure il conto va fatto. Ed è amaro. Nel 1971 eravamo 3,3 in ogni famiglia, nel 2011 siamo scesi a 2,4. Che cosa vuol dire? Tra le molte cose, ad esempio, che per trovare almeno un bambino "intero" si devono mettere insieme tre famiglie. Due non bastano: ci sarebbe solo l’80% di un figlio. Anche Re Salomone avrebbe seri problemi nel voler essere giusto e saggio in Italia.Una compressione così netta della taglia media dei nuclei familiari è l’istantanea di una società che invecchia velocemente, composta perlopiù da persone che vivono sole o da bambini che crescono senza fratelli né cugini. E il nostro Paese dovrebbe interrogarsi seriamente sul fatto che oltre a essere tra i capofila della denatalità riesce a battere anche la Cina, dove nonostante la tragica "politica del figlio unico" imposto con violenza dallo Stato, le famiglie sono comunque composte da più di 3 componenti.Le ragioni del declino demografico possono essere molte: sociali, culturali, morali, non solo economiche. Ma come non scorgere nell’ostinazione a trascurare sempre la famiglia, l’effetto di una sottile, strisciante e crudele "politica del mezzo figlio"? Manovre, leggi di Stabilità, Isee e riccometri, tasse e tariffe comunali, tagli o rincari ai servizi per i minori: tutto – politici settantenni o quarantenni non si vede la differenza – racconta di un’Italia che, quando non li riduce a voce di consumo o li tratta come beni di lusso, fatica a fare i conti con i bambini. Ce n’è uno ogni tre famiglie. Incontrarlo è il migliore augurio di buon Natale.