Era difficile concentrare in un solo testo di legge una sfilza così ampia di contraddizioni giuridiche e di incongruenze antropologiche come quelle raccolte dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà nel disegno di legge che la Commissione Giustizia di Palazzo Madama ha adottato come testo base sulle «unioni civili». La notizia buona è che il testo, nelle prossime settimane, potrà essere seriamente emendato. Quelle cattive sono tutte le altre. A cominciare dall’apertura alla cosiddetta «adozione interna» alla coppia, che rischierebbe di moltiplicare e confondere le figure genitoriali. Così che un bambino, con l’adozione da parte del genitore partner della coppia omosessuale, si troverebbe ad avere due madri o due padri legali. Esito programmaticamente tragico per la sua crescita equilibrata. Senza considerare che un’apertura così dissennata avrebbe, tra le altre conseguenze, anche quella di offrire praterie per pratiche inaccettabili come l’utero in affitto. E osano chiamarla una scelta coerente di civiltà... Tartufesco, infine continuare a ripetere che si intende proporre un istituto giuridico «ben distinto» dal matrimonio, quando tutte le prerogative previste dalla legge per i coniugi vengono replicate nel ddl Cirinnà in modo implacabilmente automatico. Come ciliegina su questa torta assolutamente indigesta c'è l’invenzione di un «titolo secondo» che riconosce alle convivenze – etero o omosessuali – alcuni diritti di base, peraltro già previsti dalla giurisprudenza ordinaria per le persone comunque conviventi. Insomma, un "simil-matrimonio" gay con contorno... Una forzatura spaccatutto, che una parte del Pd ha deciso di tentare, contando sulla sponda di settori di destra e di sinistra. Ma è un gioco di prestigio confuso e confusionario, davvero ad alto rischio. Per il futuro di tutti.
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