Le corti supreme del Nepal e
dell'India sono intervenute in questi giorni per esaminare
possibili restrizioni della pratica dell'"utero in affitto" allarmate per il moltiplicarsi dei casi che coinvolgono donne locali "assoldate" da coppie straniere.A Kathmandu il massimo tribunale del
Nepal ha diramato una
ordinanza con cui pone uno stop provvisorio a tutte le attività
che implichino l'utilizzazione di donne nepalesi per mettere al
mondo figli da assegnare a coppie straniere.
In particolare la Corte vuole non solo verificare
l'opportunità di proteggere meglio le madri surrogate, spesso
sfruttate, ma anche determinare se l'accesso ai bambini nati
con questo processo possa essere aperto anche alle coppie omosessuali,
che arrivano in Nepal da Israele, Francia e Stati Uniti.
Intanto in
India, altro Paese dove l'utero in affitto è
ampiamente praticato in migliaia di cliniche non sempre autorizzate a farlo, il giudice della Corte suprema Ranjan Gogoi ha
fissato per il 15 settembre un'udienza in cui si dibatterà se
limitare, o addirittura proibire, la materità surrogata.
L'avvocato indiano Jayashree Wad ha presentato una
istanza in cui chiede che la Corte abolisca un regolamento del
2013 utilizzato da quanti operano nel business delle madri
surrogate in assenza di appropriate leggi per un settore che,
solo in India, muove due miliardi di dollari l'anno.