L'immagine nel sito dell'iniziativa
Pareva un’impresa ai limiti dell’impossibile, uno sforzo del quale sarebbero capaci giusto i radicali con il loro riconosciuto know-how su iniziative di segno esattamente opposto. Invece ce l’hanno fatta. E con margine larghissimo. Ieri alcune delle 50 associazioni che dopo il deposito del testo in Cassazione ormai sette mesi fa lanciarono la raccolta di firme sulla proposta di legge d’iniziativa popolare «Un cuore che batte» per mettere un freno agli aborti in Italia hanno annunciato di aver consegnato martedì 5 alla Camera dei deputati 106mila firme, «più del doppio delle 50mila necessarie per raggiungere il quorum» secondo quanto dispone l’articolo 71 della Costituzione. «È un risultato meraviglioso che ci colma di gioia e gratitudine verso tutti coloro che l’hanno reso possibile con il loro impegno generoso e disinteressato» si legge nell’home page del sito unitario dell’iniziativa (www.uncuorechebatte.eu) per la quale si sono battute, tra le altre, sigle come Pro Vita e Famiglia, Ora et Labora in difesa della Vita, CitizenGo, Verità e Vita, Generazione Voglio Vivere e decine di piccole realtà locali.
La proposta intende inserire nella legge 194 all’articolo 14 il comma 1 bis che, se fosse approvato, cambierebbe in radice la procedura per l’aborto: «Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso».
«La prima prevenzione dell’aborto è risvegliare la coscienza individuale e collettiva di fronte a ciò che rimane un “abominevole delitto” (Gaudium et spes, 51)», commenta Giorgio Celsi, alla guida di “Ora et Labora”. Negli ultimi mesi aggiunge si è creata una straordinaria rete di collaborazione tra volontari delle varie realtà coinvolte e tantissime singole persone animate dall’amore per la Verità e la Vita. Questa proposta di legge intende dare piena applicazione alla legge sul consenso informato, in quanto è obbligo giuridico e deontologico del medico che la donna abbia il diritto di essere resa consapevole della Vita che porta nel grembo, una Vita con un cuore che pulsa. È un fatto che dove è stata adottata questa pratica il numero di aborti è crollato drasticamente».
In una nota in cui esulta per il «bel risultato di cittadinanza attiva» Pro Vita e Famiglia parla di «norma di civiltà per aumentare la consapevolezza che ciò che una donna porta in grembo non è un semplice grumo di cellule che al terzo mese diventa, come per magia, un essere umano, ma è tale fin dal concepimento e per questo ha una sua piena dignità, ha dei diritti e va sempre tutelato. Una vittoria arrivata nonostante i boicottaggi di molte amministrazioni comunali che hanno cercato di ostacolare la raccolta firme presso i comuni - prevista invece per legge - o hanno fortemente criticato l’iniziativa, ma è anche un traguardo che conferma che gli italiani hanno interesse a alla tutela della vita, come di recente emerso anche da un sondaggio condotto da Noto per conto di Pro Vita & Famiglia che ha evidenziato come il 76% dei cittadini, ovvero quasi 8 italiani su 10, pensa che lo Stato dovrebbe dare più aiuti sociali, economici e psicologici alle donne incinte per offrire alternative concrete all’aborto e ben il 58% pensa che se le donne incinte avessero aiuti adeguati, la maggior parte degli aborti sarebbe evitata. Ora il nostro auspicio è che la politica non rimanga sorda alla richiesta di oltre 100.000 italiani e si muova concretamente per calendarizzare e discutere la proposta di legge». Questo è il punto: adesso è necessario individuare chi si farà carico in Parlamento del testo cercando il consenso necessario. Serve un‘altra impresa, più complessa della prima.