«Siamo molto preoccupati per i malati di Sla. Se si dovesse ripetere un altro sciopero della fame, alcuni di loro potrebbero morire». Pietro Barbieri, presidente della Fish, Federazione italiana per il superamento dell’handicap, comprende le ragioni della protesta e lancia l’allarme per la situazione drammatica dell’assistenza. Soprattutto quella che riguarda i disabili più gravi. Se però la situazione non cambierà, i responsabili delle associazioni che raggruppano le persone malate non nascondono le loro preoccupazioni. Come ha fatto ieri, attraverso un comunicato, Salvatore Usala, malato di Sla, segretario del Comitato 16 Novembre, sardo, a casa del quale nelle scorse settimane si erano recati i ministri del Welfare, Elsa Fornero e della Salute Renato Balduzzi, promettendo l’impegno a recuperare i fondi per la non autosufficienza, cancellati dal precedente governo Berlusconi: «L’annunciata ripresa della protesta rischia di mettere a rischio le vite più deboli. E sono la maggior parte». Un annuncio grave, che si somma alla volontà di non accontentarsi delle promesse. Nonostante le ripetute dichiarazioni del ministro Grilli – «i fondi li abbiamo trovati» – e il recupero da parte del Parlamento di 900 milioni, una parte dei quali potrebbero essere destinati proprio al ripristino del fondo, i malati di sla hanno paura di non portare a casa nulla di concreto. Così, oltre allo sciopero, faranno un presidio davanti al ministero delle finanze a Roma. Usala parla di possibili "incidenti", se non verranno accolte le richieste del Comitato in tempi brevissimi. Perché è chiaro che , come spiega Carlo Giacobini, portavoce di Fish: «I malati di Sla iniziano a fare lo sciopero della fame da una condizione profondamente debilitata. I danni che può comportare la non nutrizione anche solo per pochi giorni possono essere irreversibili». Le stesse parole sono state pronunciate da Mario Melazzini, neo assessore alla sanità della Regione Lombardia, che è stato prima di questa nomina alla guida dell’Aisla, una delle associazioni nazionali che si occupano del riconoscimento dei diritti delle persone malate di sclerosi laterale amiotrofica: «No a questa forma di protesta – aveva detto – sì a un tavolo di concertazione per arrivare a un accordo sull’assistenza ai malati». Il secondo fronte difficile è infatti quello politico, come sottolinea ancora Giacobini: «La politica, di fronte a una iniziativa del genere, potrebbe formulare una risposta di retroguardia. Del tipo: "diamo loro i soldi che chiedono e facciamoli stare zitti"». E si tratterebbe di un evidente passo indietro. I numeri parlano chiaro: nel 2008 il Fondo per la non autosufficienza, istituito in via sperimentale per fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne una dignitosa permanenza presso il proprio domicilio poteva contare su 300 milioni di euro (400 per il 2009 e per il 2010). Nel 2013 il finanziamento è pari a zero. «Siamo ultimi in Europa in termini di spesa rispetto anche ai Paesi della ex cortina di ferro. - riprende Barbieri - Dietro di noi ci sono solo Paesi come Cipro e la Grecia. I fondi tagliati dal precedente governo hanno ridotto i servizi del 37 per cento». Ci sono città come Torino che, non avendo destinato altri soldi all’assistenza, hanno tagliato del 30 per cento. Punto. La protesta del Comitato 16 novembre nasce dunque dalla disperazione che coinvolge malati e famiglie: «Sono soprattutto le donne, madri e mogli che si devono sobbarcare il lavoro di cura», dice ancora Barbieri. Prime vittime dei tagli sia oggi che domani: «Perché costrette a lasciare il lavoro con 15, 20 anni di contributi - specifica Giacobini - senza nessuna possibilità di fare altro che assistere il proprio familiare, senza soldi, senza lavoro. Una situazione drammatica».