giovedì 9 dicembre 2021
Concluso l'esame del testo base nelle Commissioni Affari sociali e Giustizia, la Camera si prepara alla discussione generale lunedì 13. Ma le posizioni tra favorevoli e contrari restano distanti
Morte assistita verso l’esame della Camera: punti chiariti e nodi irrisolti
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Spirito di collaborazione, ma posizioni ancora distanti. La politica fatica a trovare la quadra sul suicidio assistito, con la proposta di legge che approderà lunedì 13 dicembre nell’aula di Montecitorio. Con tutta probabilità, l’eventuale approvazione in prima lettura non potrà intervenire prima di febbraio, archiviate l’elezione per il Quirinale, con la palla che passerà poi al Senato.

È terminato il lavoro delle commissioni congiunte Giustizia e Affari sociali, che hanno discusso i quasi 400 emendamenti presentati al testo base del deputato Pd Alfredo Bazoli, relatore della legge insieme al 5s Nicola Provenza. Bazoli, capogruppo del suo partito in commissione Giustizia, rivendica di aver delineato e proposto un testo fedelmente improntato alla sentenza 242 del 2019, quella del caso Cappato-Antoniani con cui la Corte costituzionale indicò le condizioni necessarie perché un malato grave possa accedere al suicidio assistito. Ma tanto alla sua sinistra quanto alla sua destra, all’esito della votazione degli emendamenti, c’è chi lo accusa di aver voluto restringere o allargare le disposizioni della Consulta. Della posizione dei primi si fa partecipe il radicale Marco Cappato: il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni parla di «frettoloso passo indietro rispetto alla stessa sentenza», portando come esempio l’introduzione nella bozza dell’«obiezione di coscienza» e l’esclusione della «sofferenza di natura solo psichica».

Nella sua dichiarazione vi sono due tra le pochissime questioni su cui centrodestra e centrosinistra sono riuscite ad accordarsi, nella forma di altrettanti emendamenti approvati in Commissione, oltre alla sanatoria su tutti i casi antecedenti. Su quasi tutto il resto i due schieramenti (maggioranza dell’ex governo Conte 2 e centrodestra) restano invece lontani. A cominciare dal ruolo della terapia del dolore nell’accesso alla morte volontaria. «Il coinvolgimento in un percorso di cure palliative – si legge nella sentenza della Consulta – deve costituire [...] "un pre-requisito della scelta, in seguito, di qualsiasi percorso alternativo da parte del paziente"», dove con «percorso alternativo» s’intende la morte a richiesta. Secondo il testo Bazoli perché una persona possa essere aiutata a morire con un atto medico è sufficiente che sia «a conoscenza del diritto di accedere alle cure palliative» e che nell’analisi medica sia specificato se il malato sia «già in carico a tale rete di assistenza» o se abbia «rifiutato tale percorso assistenziale». Il centrodestra ha tentato di modificare questo passaggio, elevando il concreto coinvolgimento del paziente in un percorso di terapia del dolore a condizione – «prerequisito», appunto – per il successivo accesso alla morte assistita, ma lo schieramento opposto non ha finora accolto l’istanza.

Divergenza c’è anche sulla tipologia di malattia idonea a dare disco verde per l’aiuto nel suicidio. Allo stato attuale, la bozza parla di «condizione clinica irreversibile», ma i critici del testo Bazoli rilevano che – così formulata – la legge consentirebbe di iniettare il farmaco letale anche alle persone affette da patologie come il diabete. Da qui, la proposta di modifica: prevedere per l’accesso al suicidio assistito una «condizione clinica irreversibile», caratterizzata da una «fase avanzata» con «prognosi infausta», ma sul punto un’intesa è lontana. Altro punto di scontro è poi la mancata definizione di «trattamenti di sostegno vitale»: per la Consulta la loro presenza è tra le condizioni per il suicidio assistito. Ma se non viene precisato cosa s’intenda con questa espressione si allargherebbe a dismisura la platea delle persone che potrebbero chiedere di morire. Altri due punti irrisolti sono il coinvolgimento o meno di uno psichiatra tra i medici chiamati a valutare la condizione del paziente e la sua libertà non limitata da sofferenza o depressione, e la composizione dei comitati etici, la cui attività comporterebbe una previsione di spesa oggi assente. Molti i nodi da sciogliere, dunque, e gli interrogativi che attraversano entrambi i fronti.

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