
Un manifesto della campagna - .
Da dieci giorni per le vie di Modena ci sono dei manifesti nuovi. Con il loro colore azzurro tenue non balzano subito agli occhi, ma contengono un messaggio che finora non si era visto nelle strade di una città italiana: le frasi di alcune donne (e di un uomo) che hanno vissuto l’esperienza dell’aborto volontario.
I manifesti sono firmati da “40 giorni per la vita”, la campagna di preghiera e sensibilizzazione per la fine dell’aborto volontario nata nel 2004 nella cittadina di College Station negli Usa e ora diffusa in centinaia di città nel mondo e, dal 2023, anche a Modena, prima città italiana (da questa Quaresima si sono aggiunte anche Perugia e Sanremo).

La manifestazione in piazza a Modena - .
L’iniziativa è nota per la sua parte più visibile, la veglia che si svolge per almeno 12 ore al giorno all’esterno di una struttura ospedaliera cittadina in cui si praticano gli aborti, per 40 giorni consecutivi (al momento è in corso la campagna di Quaresima). Ma assieme alla preghiera ci sono altre due azioni che caratterizzano la campagna: una preghiera e un digiuno personale più intensi e un’azione di sensibilizzazione della comunità cittadina per favorire la presa di coscienza del dramma e dell’ingiustizia dell’aborto.
In questo contesto si inseriscono i manifesti con i quali si “ascoltano” le voci di donne che difficilmente trovano spazio nei media. Sono frasi consegnate dalle donne e gli uomini della rete “Ti racconto l’aborto” (www.tiraccontolaborto.org), un gruppo informale nato nel 2024 da persone che vogliono testimoniare la realtà dell’aborto volontario avendola sperimentato direttamente.
Così Anna racconta che per lei l’aborto «è stato un macigno, una ferita mortale nella mia mente e nella mia anima che per anni mi ha reso incapace di amare, di fidarmi». Alessandra in pochissime parole riassume quasi una vita intera: «Depressione “inspiegabile”. Il mio inconscio aveva già capito. Io no. Ci sono voluti 15 anni». Carola osserva che «l’aborto è stata l’unica scelta di autodeterminazione da cui non sono potuta tornare indietro». Anche Pietro condivide la sua esperienza: «Ho vissuto l’impotenza di essere padre». E proprio perché l’aborto è un’esperienza che devasta la vita di tanti (a partire dal bambino) i manifesti si concludono con un invito: «L’aborto è una sconfitta. Vieni a pregare con noi per la fine dell’aborto».

Uno dei manifesti esposti a Modena durante l'iniziativa "40 giorni per la vita" - .
Dopo alcuni giorni i manifesti sono stati notati da “Modena Volta Pagina”, formazione politica locale di sinistra che considera l’aborto una forma di autodeterminazione delle donne e che ha si è scagliata contro le affissioni sostenendo che hanno “contenuti altamente nocivi con chiaro intento manipolatorio». Anche il sindaco Massimo Mezzetti, che già in passato aveva criticato la preghiera davanti all’ospedale, è intervenuto parlando di «comunicazioni offensive e lesive della dignità delle donne» e comunicando di avere chiesto un parere in merito all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria. Ne è seguito un vivace confronto sui social in cui a fronte di diverse persone che ritenevano questi manifesti un attacco alla libertà di abortire delle donne altre osservavano che si trattava di una testimonianza viva e che occorreva rispettare la libertà di espressione. Alcuni manifesti sono stati strappati, ma la maggioranza è rimasta per tutto il tempo previsto dalla campagna, portando così alcune testimonianze concrete in un dibattito in cui spesso si interviene a nome delle donne che abortiscono ma raramente se ne fa sentire la vera voce.

Marina Casini interviene all'iniziativa che conclude i "40 giorni per la vita" - .
Nel frattempo l’iniziativa del periodo quaresimale si avvia alla conclusione, prevista domenica 13 aprile. All’immediata vigilia si è svolto l’evento finale della campagna in cui un centinaio di persone hanno camminato per le vie del centro cittadino accompagnate da riflessioni, letture e canti. Al termine, in piazza Torre, l’arcivescovo di Modena-Nonantola e vicepresidente della Cei Erio Castellucci ha portato il suo saluto, richiamando l’attenzione su ogni piccola vita che si rischia spesso di dimenticare e che chiede di venire alla luce. È quindi intervenuta Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita italiano, che ha sottolineato come solo lo sguardo che abbiamo sul bambino nel grembo, che non ha nulla se non la sua umanità, e sulla sua mamma ci fa capire quanto amore abbiamo per la vita : se riconosciamo in quel bimbo inerme un essere umano allora siamo in grado di riconoscere il valore della vita di ogni altro essere umano. Perché«non si può amare la vita ad intermittenza». Incoraggiamenti preziosi a continuare un’azione di sensibilizzazione difficile ma assolutamente necessaria.