Il convegno sulla bioetica nel salone della Curia di Milano
La dignità: del malato, della sua famiglia, dei curanti, al centro dell’idea stessa di cura. La questione sta prendendo quota nel dibattito bioetico sulla vita umana – specie nel suo tratto finale – in particolare grazie alla elaborazione della Chiesa nelle sue diverse espressioni pastorali e culturali attorno al recente, fondamentale documento del Dicastero vaticano per la dottrina della fede Dignitas infinita «circa la dignità umana».
Il clima di fervore nella riflessione attorno alla questione della dignità umana come dato oggettivo mai ridimensionabile si è colto ieri mattina in modo particolarmente vivo durante il bel convegno organizzato nell'affollatissimo salone della Curia arcivescovile di Milano dal Servizio diocesano per la Pastorale della salute, guidato da don Paolo Fontana, con la collaborazione dell’Associazione medici cattolici, il cui presidente milanese Alberto Cozzi è appena entrato nel direttivo nazionale Amci. Il filosofo e bioeticista Paolo Marino Cattorini, lo psicogeriatra Marco Trabucchi, l’oncologo Alberto Scanni e Paola Arcadi, direttrice didattica del corso di laurea in Infermieristica all’Università di Milano, hanno dato vita a un dialogo di alto livello sul legame tra la cura e la dignità umana a partire dalle sue quattro dimensioni – ontologica, morale, sociale ed esistenziale – che vi coglie il testo vaticano. L’evidenza che emerge nel dibattito animato nelle sedi ecclesiali è che il riconoscimento della dignità “tutta intera” di ogni persona in qualunque condizione si trovi è la pietra angolare di ogni azione di cura, intesa come gesto umano e non solo (e di certo non anzitutto) tecnico, proprio a partire dal dato indiscutibile della pienezza umana in ciascuno di noi.
Una volta chiarito che cura e dignità sono inseparabili, si può cogliere che a garantire la dignità come corredo inviolabile di ciascuno è la rete di relazioni nella quale siamo collocati. Quando la piena dignità del paziente è riconosciuta come centrale nella cura, i legami che quella cura genera ne sono imbevuti. E non si può più dare abbandono del paziente alla sua solitaria decisione sulla sua vita: relazione, cura e dignità diventano un tutt’uno, mostrando così che il titolo del convegno di ieri – «Sì: questo è un uomo! La comune dignità» – cogliesse una verità sulla vita umana.