
L'interno del nuovo Centro per le cure palliative pediatriche di Ancona
Generalmente le cure palliative richiamano il mondo delle patologie oncologiche. Nella pediatria marchigiana questa connessione è vera solo per il 15% dei casi, mentre in prevalenza si tratta di malattie genetiche, neurologiche o metaboliche, spesso invalidanti.
Il dato arriva dal Centro regionale per la terapia del dolore e le cure palliative pediatriche dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche: «L'errata percezione – spiega Simone Pizzi, direttore del Centro – si deve anche al termine “hospice” utilizzato per gli adulti e correlato al fine vita oncologico. Nelle cure palliative pediatriche si ragiona di vita, non di morte».
La nuova legge sul fine vita in Toscana non sembra avere troppa eco nelle Marche, nonostante il recente passato, con gli interventi legali dell’Associazione Coscioni che aveva attaccato la Regione, accusata di inerzia rispetto ai diritti alcuni pazienti. Il dato di cronaca invece è l’inaugurazione, il 5 marzo, del Centro di riferimento regionale per la terapia del dolore e le cure palliative pediatriche a Villa Maria del presidio Salesi di Ancona, nel locale polo ospedaliero e universitario.

«La medicina pediatrica – afferma Pizzi – ha scoperto da poco le cure palliative, rivolte a quei bambini che non avevano alcuna speranza di vita e oggi ce l’hanno grazie ai progressi della medicina, che permettono di prolungare la vita di mesi, anche anni, addirittura di diventare adulti, anche se non guariscono».
Il Centro è nato due anni fa, oggi segue circa 90 pazienti ed è una delle mission dell’Associazione Raffaello. Ne è presidente Nazzarena Barboni, una mamma che ha toccato con mano il problema, decidendo di sostenere questa realtà e accelerandone più possibile l’operatività, con una donazione significativa che ha coperto la spesa relativa a tutto l‘arredamento necessario.
«Associare le cure palliative pediatriche solo al fine vita – spiega Nazzarena – è fuorviante, perché la loro missione è più ampia, cioè rendere la vita dei piccoli pazienti il più normale possibile: non solo alleviare il dolore, ma alzare la qualità della vita in ogni sua fase». «Quando non è possibile guarire – insiste Pizzi – è sempre possibile curare».

L’équipe del Centro regionale prende in carico i pazienti pediatrici ricoverati al Salesi e negli ospedali della regione, anche a domicilio, garantendo cure adeguate ovunque. Questa realtà è ancora poco conosciuta e ancora meno riconosciuta: «Mentre in Italia si stima in oltre 35.000 il numero dei minori che hanno bisogno di cure palliative, ma solo il 5% riesce ad accedervi, nelle Marche i bambini che avrebbero necessità sono circa 600, di cui un terzo richiederebbero cure di terzo livello, ad alta intensità. Di questi 200, quasi la metà è seguita dal Centro. Si potrebbe certamente fare di più – chiosa Pizzi – ma occorrono cultura e risorse».
La Regione sta rispondendo, ora l’Azienda Ospedaliero Universitaria sta attuando un percorso di strutturazione del centro perché «questa cultura è ancora poco diffusa, persino tra i professionisti sanitari, che confondono le cure palliative pediatriche con quelle degli adulti».

Infine, la famiglia: sono quasi sempre i genitori a trasformarsi in infermieri, dedicandosi alla gestione delle cure. «Il compito del Centro – aggiunge Pizzi – è aiutarli a mantenere il loro ruolo di genitori, offrendo supporto pratico ed emotivo grazie anche agli psicologi. Anche i fratelli dei bambini malati vengono coinvolti nel percorso di cura, evitando che i loro bisogni vengano messi in secondo piano, garantendo loro anche dei momenti di svago».