giovedì 23 gennaio 2025
Nell'ospedale di Urbino un solo medico obiettore tra i 9 in servizio. Una situazione coerente con il quadro regionale, che penalizza la natalità a vantaggio delle Ivg. In campo le voci dei cattolici
Il paradosso marchigiano: meno posti per nascere che per abortire
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«Urbino da culla del Rinascimento a culla vuota». Così il “Nuovo Amico”, settimanale delle diocesi di Pesaro, Fano e Urbino, ha titolato la pagina speciale dell’edizione di domenica 19 gennaio in risposta agli articoli apparsi sulla stampa locale. In questi l'ospedale Santa Maria della Misericordia di Urbino veniva descritto come «un faro per l'aborto in Italia, un'eccellenza per le interruzioni di gravidanza farmacologiche». Il piccolo nosocomio feltresco vanta infatti un “primato” singolare: tra i 9 medici del reparto di Ginecologia e Ostetricia c’è un solo obiettore. Questo porta a 120-130 interruzioni di gravidanza all'anno, per la maggior parte ottenute con la pillola Ru486.

L'associazione “Noi donne odv” si dichiara «soddisfatta del lavoro dell'ospedale di Urbino, anche se nelle Marche il diritto all'aborto è penalizzato». A rispondere dalle colonne del settimanale cattolico è Emanuela Lulli, ginecologa di Pesaro e presidente del Movimento per la Vita di Fano. «La prima cosa che colpisce nella nostra regione è la differenza tra i punti nascita (11) e i reparti dove si praticano aborti volontari (13). Questo la dice lunga su quale sia la prospettiva verso la quale ci stiamo avviando». Secondo Francesco Amaduzzi, medico del volontariato per la vita di Fano, quello di Urbino è un primato triste: «Un tempo negli articoli di inizio anno si faceva a gara per chi avesse avuto più nati, mentre oggi fa notizia (anzi, fa primato) il numero delle interruzioni di gravidanza volontarie».

Proprio nell'ospedale di Urbino fino a due anni fa lavorava Girolamo Martino, ginecologo e fondatore del Centro di aiuto alla Vita, deceduto prematuramente dopo una lunga malattia. «Sono certo – prosegue Amaduzzi – che ci ricorderebbe che l’aborto è una disgrazia e non un diritto. È una sofferenza indicibile in cui la donna rimane intrappolata, sola con il proprio dolore, e non esiste pillola al mondo capace di risolvere questo dramma». Al di là dei toni trionfalistici con cui è stata pubblicata la notizia – dice ancora il “Nuovo Amico” – è da sottolineare come la frontiera su cui impegnarsi è la promozione del valore della vita: «Urbino, città universitaria ricca di fermento giovanile e di futuro, non può e non deve sottrarsi a questo impegno. Occorre avviare una riflessione sincera sugli aiuti alla maternità difficile per consentire alla donna di scegliere con consapevolezza e libertà, senza pressioni di natura economica, sociale e lavorativa».

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