Giovedì, ore 14, commissione Giustizia del Senato: «Presenterò un testo unico che assorbe i due testi sulle unioni civili e sulla regolamentazione delle convivenze, contenente le norme suddivise in due titoli diversi e che modificherà i relativi articoli del Codice civile». Parola di
Monica Cirinnà, senatrice Pd, relatrice del provvedimento. Promessa fatta ieri. E non basta: «Chiederò al presidente Palma di aprire la discussione non oltre la prossima settimana, per dare una risposta chiara a quanto chiede la Corte Costituzionale».Tutto fatto, dunque? Le coppie gay sono davvero sul punto di godere di tutti i diritti delle coppie eterosessuali sposate, nessuno escluso? Potrebbe non essere così semplice. Se certa stampa entusiasta parla con disinvoltura di "matrimonio gay" a un passo, e tra i diritti delle coppie gay dà per scontata anche la pensione di reversibilità, i giochi sono in realtà ben più aperti. Basta ascoltare il senatore Maurizio Sacconi del Ncd: «Nessun matrimonio per i gay e nessuna pensione di reversibilità per chi non è sposato, ma cambiamenti nel Codice civile per consolidare le relazioni umane».Su alcuni punti l’accordo sembra in effetti raggiunto, come la possibilità di assistere il partner in ospedale o subentrare nel contratto d’affitto. Su altre questioni è invece tutt’altro che semplice, nonostante l’entusiasmo delle "Famiglie Arcobaleno": «Un immenso passo avanti. Ma se lo Stato riconosce alle coppie Gay un’unione simile al matrimonio, perché negarci ancora le nozze?» dichiara la presidente delle "Famiglie Arcobaleno", Giuseppina La Delfa. La strategia è palese: questa è appena una prima tappa, l’obiettivo vero è il matrimonio gay, e quindi la fine sostanziale del matrimonio. Chi davvero, anche tra i sostenitori delle unioni civili, vuole questo?Un entusiasmo davvero poco giustificato. Basta leggere bene le sentenze della Corte Costituzionale evocate dalla stessa Monica Cirinnà (numero 138/2010 e 170/2014).
Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, sottolinea come esse abbiano «nettamente e ripetutamente chiarito che il "requisito di eterosessualità" è peculiare e irrinunciabile per l’idea di matrimonio e di famiglia della nostra Costituzione. Proprio per la Costituzione, ma anche in tutto il resto dell’impianto legislativo vigente, la famiglia è per sua natura formata dall’unione di un uomo e di una donna». Ciò non significa discriminare chi compie scelte diverse: «Altre forme di convivenza possono avere una loro regolamentazione, soprattutto per tutelare la parte debole, ma non possono essere assimilate alla famiglia».Il rischio del testo unico in arrivo – se veramente riuscirà ad approdare domani in Commissione un testo capace di raccogliere un generale consenso – è quello, per Belletti, di un’affrettata e inopportuna fuga in avanti «verso ipotesi di regolazione per cui "alle unioni civili tra persone dello stesso sesso si applicano tutte le disposizioni previste dal matrimonio". Come a dire: non chiamiamolo matrimonio, ma cambia poco».Quello che sta mancando, avverte il Forum, è «un grande dibattito, aperto a tutta la società civile, su un tema così complesso. Anche un’eventuale proposta di regolazione presentata dal governo a settembre non potrà passare per "ordine di partito" o limitarsi al dibattito tra i partiti, o peggio ancora divenire merce di scambio per altri obiettivi. La famiglia è un tesoro troppo prezioso, per le nuove generazioni e per la società, per esporla a frettolose e ambigue scorciatoie».Serve dunque chiarezza. Serve un coinvolgimento della società civile affinché sia chiara a tutti la reale posta in gioco. Che è alta: «Un’eventuale regolazione di "forme di convivenza registrata" invocata dalla Corte Costituzione – conclude Belletti – deve essere assolutamente ben distinta dalle norme che regolano l’istituzione familiare, per non "trattare in modo uguale cose diverse": il che sarebbe, in effetti, somma ingiustizia».<+RIPRODUZ_RIS>