L'occupazione dell'Aula Magna dell'Università di Catania per impedire il convegno di Scienza & Vita - -
Che l’aria in molte università italiane sia piuttosto pesante è chiaro ormai da settimane, ma quanto accaduto nell’ateneo di Catania va oltre le manifestazioni ormai quotidiane pro-Palestina allargando il fronte dell’intolleranza. L’Aula Magna del Palazzo centrale dell’Università degli Studi dove doveva svolgersi un convegno organizzato dalla sezione etnea di Scienza & Vita su «La disforia di genere nei minori e la “carriera alias” negli istituti scolastici» è stata occupata da una settantina di persone mobilitate da collettivi catanesi ostili a un’iniziativa ritenuta “transfobica”.
Gridando slogan contro il convegno – che intendeva affrontare «questioni mediche, giuridiche ed antropologiche» – i manifestanti hanno impedito ai relatori di prendere la parola ignorando i tentativi di dialogo di organizzatori e rappresentanza delle autorità universitarie e, anzi, ricorrendo a toni minacciosi: «Dovere vergognarvi a venire qui a casa nostra per fare i vostri comizi estremisti e transfobici» ha detto una portavoce leggendo una sorta di cupo comunicato accolto da alte grida degli altri partecipanti alla manifestazione. La presenza della Digos, che si è limitata a evitare incidenti, non ha affatto scoraggiato gli occupanti, appartenenti a collettivi catanesi (come Open Catania, sul cui profilo Instagram è visionabile un inquietante video). L’impossibilità di qualunque dialogo ha consigliato a organizzatori e ateneo di lasciar perdere e annullare il convegno, peraltro previsto su due giorni (19 e 20 aprile) con la partecipazione di medici, giuristi, filosofi e bioeticisti, tutti docenti universitari.
La manifestazione all'università di Catania - -
Un fatto grave, che ha scosso il presidente di Scienza & Vita Catania, il costituzionalista Giuseppe Chiara: «Sapevamo che la comparsa delle locandine del convegno in città aveva suscitato malumori in alcune espressioni associative – spiega, quando ancora gli studenti sono all’interno dell’Aula Magna malgrado i convegnisti siano già usciti da tempo –. Per questo avevamo allacciato un proficuo dialogo con Arcigay Catania assicurandogli la possibilità di un intervento nello spazio del dibattito». Sembrava bastasse a disinnescare la tensione, invece alla vigilia del convegno sono spuntati in università manifesti poco promettenti: «Fuori la transfobia da UniCt – si legge –. Il convegno avrà come ospiti figure antiabortiste, anti-choice, transfobiche e misogine, compresi il Sindaco e l’Arcivescovo» (il primo in realtà era atteso nella seconda giornata del convegno, monsignor Renna è riuscito a fare un breve indirizzo di saluto prima che esplodesse la gazzarra). Conclusione: «È inaccettabile che si portino messaggi discriminatori dentro il nostro ateneo. Facciamo rumore!». Consegna rispettata alla lettera, tanto da impedire il convegno. «Hanno rifiutato il confronto continuando a gridare per impedirci di parlare – spiega Chiara –. Non ci è rimasto che prendere atto con grande amarezza dell’impossibilità persino di iniziare, registrando la disponibilità del rettore di recuperare la nostra iniziativa con una “stanza virtuale” online a inviti selezionati». Una soluzione di assoluto ripiego che da sola basta a capire a quale livello sia rotolato il dialogo tra culture differenti che sarebbe l’anima dell’università.
Il manifesto comparso in università - -
Sgomenta Tiziana Drago, esponente centrista, membro del Comitato tecnico-scientifico regionale su famiglia affari sociali e lavoro, già senatrice M5s (poi uscita dal movimento), presente in platea, che conoscendo alcuni manifestanti ha tentato di farli ragionare, invano. «Abbiamo assistito al calpestamento della democrazia, un attacco condotto con toni sprezzanti verso chi la pensa in modo differente – dice –. C’è rabbia davanti a tanta intolleranza di chi poi chiede una società più aperta. Ho visto un esperto docente addolorato fino alle lacrime per la situazione pesante che si era creata. Inutile parlare di pace quando si mettono in atto questi comportamenti. Sono profondamente preoccupata».
Non meno indignata Paola Binetti, che doveva intervenire a distanza con una relazione da neuropsichiatra sulla «disforia di genere come criticità transitoria nel processo di maturazione personale»: «Non si è compreso che iniziative come quella di Scienza & Vita vogliono aiutare a capire un tema di estrema delicatezza sul quale occorrono conoscenze scientifiche come quelle che tutti noi relatori volevamo portare. L’intolleranza di chi non ci ha nemmeno voluto ascoltare sembra il segno della volontà di chiudersi in una sorta di incomunicabilità con la società che pure vuole entrare in sintonia con persone che soffrono per una identità che sentono non accolta. Creare barriere non serve a nessuno, tanto meno a chi le alza pensando così di far prevalere le sue ragioni».