Universale
venerdì 21 febbraio 2025
Gli esegeti distinguono, nel libro di Isaia, tre parti, che sono in grado di datare a epoche diverse. La terza di queste parti, la più recente, sarebbe stata scritta nel VI secolo a.C., al ritorno dall’esilio a Babilonia. Si apre con una beatitudine: «Beato l’uomo che così agisce e il figlio dell’uomo che a questo si attiene, che osserva il sabato senza profanarlo, che preserva la sua mano da ogni male. Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: “Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!”. Non dica l’eunuco: “Ecco, io sono un albero secco!”» (Is 56,2-3). Nulla di sorprendente, a prima vista: la felicità per quelli che fanno il bene, che agiscono in conformità con la legge di Dio, è ciò che la Bibbia non cessa di annunciare. Ma quel che segue ci rivela la posta in gioco del dibattito: questa felicità del giusto è promessa a tutti, o bisogna escludere alcuni, a causa della loro origine o di una mutilazione che li mette al di fuori del popolo di Dio? Eterna discussione, che ritorna senza sosta tra i figli di Adamo: chi dobbiamo escludere, per essere finalmente felici? Nessuno, risponde il profeta: se la legge fa il bene, se i comandamenti conducono alla felicità, se l’essere umano è fatto per realizzarsi nella giustizia, allora la Parola di Dio è rivolta a tutti e non potrebbe ammettere eccezioni. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI