Essere segno di un Dio che si piega sulle ferite dell'umanità e si fa compagno di ognuno di noi: questo oggi è il primo vero miracolo. Una scelta che ci pone sulla strada dell'amore infinito e che ci chiede solo di lasciarci "abitare" dalla luce del Risorto, come fece santa Ubaldesca Taccini. Nata a Calcinaia nel 1136 da genitori di umili condizioni, era figlia unica e crebbe nella fede cristiana e nella devozione, distinguendosi fin da giovane nella cura degli ultimi. All'età di 15 anni andò a Pisa ed entrò nell'ordine gerosolimitano di san Giovanni (istituito pochi anni prima nel 1099 a Gerusalemme presso la Chiesa di san Giovanni Battista sotto la regola di sant'Agostino), fermandosi nella Chiesa di San Sepolcro (costruita nei primi anni del secolo XII dall'architetto pisano Diotisalvi). Visse per 55 anni la propria vita religiosa nel segno della penitenza, della preghiera e della carità. La tradizione le attribuisce diversi miracoli già in vita, ma dopo la morte avvenuta il 28 maggio 1206, festa della Santissima Trinità, si moltiplicarono le guarigioni straordinarie legate al suo nome.
Altri santi. San Germano di Parigi, vescovo (VI sec.); san Paolo Hanh, martire (1826-1859).
Letture. Romano. At 18,23-28; Sal 46; Gv 16,23-28.
Ambrosiano. Ct 5,9-14.15c-d.16c-d; Sal 18 (19); 1Cor 15,53-58; Gv 15,1-8.
Bizantino. At 20,7-12; Gv 14,10-21.
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