Chi segue questa rubrica sa che tra le fonti online che consulto abitualmente c’è anche “Aleteia”, grande portale plurilingue di informazione, formazione e apologetica cattolica che, essendo stata bruscamente chiusa la redazione italiana, leggo nelle altre edizioni. Segnalo oggi tre recenti suoi post, accomunati dal tentativo di attrarre lettori cattolici prendendo a pretesto contenuti digitali oggettivamente secolari. Il primo – in ordine cronologico – è del 18 novembre scorso, porta la firma di Daniel Esparza e si intitola “Dilexit nos: il cuore oltre i social media” (shorturl.at/ZAN1m). Dal sommario si evince subito che lo spunto è l’impoverimento che il simbolo del cuore ha assunto a causa dei social media, dove si è trasformato in un «rapido indicatore di approvazione, disconnesso dalle verità più profonde che un tempo trasmetteva». L’oggetto di gran parte dell’articolo è in realtà l’ultima enciclica papale, notoriamente dedicata al “cuore”, o meglio all’«amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo» e quindi, per lunghi tratti, alla spiritualità e alla devozione del Sacro Cuore. Essa contiene solo due riferimenti, e marginali, all’ambiente digitale (al n. 14 e al n. 84), né il post di cui sto parlando lascia intendere altro. Ma scrivendo che il testo papale rivendica il cuore «come qualcosa di più» (sottinteso: di ciò che esso simboleggia online) si mira a spostare su di esso l’attenzione dell’utente, per poi passare a riassumerne i contenuti maggiori.
L’interno della cattedrale di Notre-Dame
Porta la data del 21 novembre il post di Agnès Pinard Legry “Elon Musk è capace di commuoversi!” (shorturl.at/dn9vG). Qui è al notissimo imprenditore, nonché grande alleato del neopresidente americano Trump, che si ricorre, avendo egli postato sul social network di cui è editore, X, un video che mostrerebbe l’interno della cattedrale parigina di Notre-Dame quando mancano pochi giorni alla sua riapertura. Sebbene si annoti che del filmato, ripreso anche su vari media italiani, sono sconosciute «l’origine e l’autenticità» (tradotto: potrebbe anche essere un rendering), non c’è esitazione a enfatizzarne tutti gli aspetti. Il contenuto «dà un’idea dell’impatto estetico che le prime immagini dell’interno restaurato provocheranno: un biancore inedito, volumi che si erano dimenticati, colori brillanti e lo splendore di una croce». Quanto alla popolarità, l’articolo parla di 3,9 milioni di visualizzazioni, 109mila like e 11mila condivisioni (cifre che non ho potuto aggiornare perché frattanto il post è stato cancellato). Infine, i sentimenti di colui che l’ha postato: pur accreditando di sobrietà il commento di Musk, che recita: «Notre-Dame restaurata», l’articolo di “Aleteia” vi legge dietro un uomo – il più ricco del mondo, si ribadisce – per nulla indifferente, e addirittura un po’ commosso; elemento, quest’ultimo, che nel titolo viene elevato da ipotesi ad affermazione, con tanto di punto esclamativo.
L’importanza di ciò che non è accaduto
Il più recente tra i post di “Aleteia” che analizzo qui s’intitola “Centrata sulla famiglia: piace la pubblicità di una nuova auto” (shorturl.at/qXeOJ), è del 25 novembre e si deve a Cerith Gardiner. Ne è oggetto un cortometraggio di ottima fattura (non ancora circolato in Italia ma visibile dallo scorso settembre sul canale YouTube dell’azienda tinyurl.com/4eect5uz , dove conta 500mila visualizzazioni e 4mila emozionati commenti) che promuove «la Volvo più sicura che sia mai stata costruita». Racconta due storie parallele. Dopo che una coppia ha saputo che aspetta un figlio, il futuro padre fantastica, tra gioia, emozione e preoccupazione, sulla genitorialità che lo attende. Frattanto la futura madre è in giro per la città a piedi e attraversa la strada mentre un’altra donna, alla guida, è distratta. Ma l’auto è la nuova Volvo: frena “da sola” e salva le due vite. Scritta: «Talvolta le cose più importanti sono quelle che non sono mai accadute». Questa pubblicità «è certamente pro-famiglia e pro-vita», commenta l’autrice del post, ben diversa da «tutto quel marketing che ci allontana dall’essenza della vita familiare». Per il lettore cui si rivolge “Aleteia” qualificare «pro-famiglia e pro-vita» un filmato pubblicitario significa toccare una corda particolarmente sensibile. Ma – chi non ricorda la mole di discussioni sollevata in Italia un anno fa dallo spot Esselunga “La pesca”? – significa anche caricarlo di significati che, obiettivamente, lo travalicano. Come, in un certo senso, accostare il cuore-emoji dei social al Cuore di Gesù o immaginare Elon Musk commosso mentre visita virtualmente la nuova Notre-Dame.
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