Coloro che «difendono insieme la crescita economica e i valori cristiani sono stupidi». Parola di Riccardo Campa, presidente dei «transumanisti», associazione in cui si ritrovano «futuristi, tecnofili, tecnognostici, prometeici e altro ancora», che «vivono di tecnologia» e «rifiutano l'ipocrisia antiscientifica che si sta diffondendo in Occidente». Premesso che «non c'è una sola morale», il presidente (intervista a Libero, venerdì 18) precisa che loro «sposano un'etica eudemonistica che tende alla massimizzazione della felicità» e si rifanno a Bacone, il quale «sosteneva che i due scopi della scienza sono trovare la verità sul mondo e sconfiggere invecchiamento e morte». Nonostante l'atomica e l'inquinamento, i transumanisti non si sono ancora ricreduti, anzi aspettano ancora «il postumano», ossia «il naturale sbocco della cultura occidentale». Altro nemico dei transumani è il «bioluddismo» (uguale «nemici delle biotecnologie»): «Se vincerà, l'umanità sarà prigioniera dei propri limiti e destinata a perire». Immagino che i transumani si trovino bene con i fondamentalisti darviniani alla Richard Dawkins, docente a Oxford, secondo il quale (intervista a Il Giornale, mercoledì 16) «tutte le risposte alle domande "che cosa è l'uomo?" o "la vita ha un significato?"» datate prima di Charles Darwin «sono da rigettare, perché sbagliate e prive di valore». Anche le risposte della fede. Infatti «la teoria dell'evoluzione darwiniana è un meccanismo molto semplice che spiega molti problemi enormemente complicati. La fede, invece, dice che la vita è creata da un'intelligenza soprannaturale e in questo modo parla di un'entità che è ancora più complicata e difficile da spiegare». Dove il dogmatico Dawkins inciampa è sull'etica: «Sono un darwinista convinto quando parlo della natura, non lo sono più quando si deve ragionare di morale». Forse perché Dio non è un prodotto dell'evoluzione. Ma se, come lui sostiene, «gli uomini e gli scimpanzé sono cugini», cioè hanno origini comuni, come mai la morale, che è solo dell'uomo, sfugge alle teorie di Darwin?
RIPENSAMENTI
«Quelli che parlano di un ripensamento femminista sull'aborto rispetto alle posizioni degli anni Settanta fanno un madornale errore: confondono la battaglia impostata dai radicali per il diritto d'aborto con il movimento femminista, che non aveva questa impostazione individualistica». Così Luisa Muraro, pensatrice di rilievo, sul Corriere della sera (venerdì 18) in risposta alla storica Anna Bravo (vedi questa rubrica di domenica 6): «Non c'è dubbio che la battaglia dei radicali sia stata sostenuta anche da molte femministe, ma ciò non vuol dire che quelle femministe ne condividessero l'ideologia». A riprova, alcuni documenti di quegli anni: «L'aborto di massa negli ospedali non rappresenta una conquista di civiltà, perché è una risposta violenta e mortifera al problema della gravidanza e, per di più, colpevolizza ulteriormente il corpo della donna». Alternativa logica: o le femministe erano gran confusionarie o la loro sbandierata autodeterminazione era solo radicaldipendenza.
BABIES FOR BURNING
Bambini da bruciare. In risposta a una lettera a Libero (martedì 15) del ministro Giovanardi, che spiega la sua contrarietà a «portarsi in casa» (delle libertà) i radicali, il direttore Feltri risponde che Pannella è «liberale più di tutti» e poi, con un accenno a Primavalle: «Loro (i radicali) almeno, oltre a non incendiare i bambini, non ti ruberanno il portafogli». Sicuro? I bambi
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: