La spiritualità non va confusa con la religione, e lo spiega bene lo psicoterapeuta Giacomo Dacquino nel suo nuovo libro Dove incontri l'anima (Mondadori, pp. 256, euro 19): «La religione si riferisce alla relazione con il mondo divino, mentre la spiritualità concerne lo spirito come principio immateriale, distinto dalla materia». La dimensione spirituale è costitutiva nell'uomo, è comune agli atei e ai credenti, e la psicanalisi lavora su di essa, perché ci sono problemi psicologici ed esistenziali che non si risolvono con i farmaci: «Non mi sono mai illuso», dichiara Dacquino, «di risolvere i conflitti profondi dei miei pazienti con una semplice terapia farmacologica».
La buona formazione cattolica dell'autore (che ha scritto anche una biografia di don Bosco) gli consente di affrontare correttamente anche questioni border line. Per esempio, scrive: «La psicoanalisi, spesso accusata con superficiale disinvoltura di annullare la fede, conduce il paziente oltre che alla salute psichica anche verso una devozione matura. Molti credenti analizzati testimoniano infatti di "non aver perso la fede", ma di averla purificata dalle scorie del loro infantilismo». Il punto, infatti, è di passare da una spiritualità immatura a una spiritualità matura, dato che «le caratteristiche di una spiritualità sana sono quelle virtù umane che aiutano a rispettare gli altri, essere fedeli agli impegni presi, curare la famiglia e non dedicarsi a certi pseudodoveri che permettono di sottrarsi ai doveri autentici». Tutto ciò, peraltro, non è facile in una società «che ha sostituito il principio di causalità con quello di casualità, per cui le persone hanno perso quella dignità e quell'etica che garantiscono il rispetto di sé stessi e degli altri».
La spiritualità matura può essere posseduta sia dall'ateo sia dal credente, «anche se la fede nella dottrina cristiana non è soltanto la conseguenza di una maturità psicologica ma frutto dei doni dello Spirito Santo, dell'azione della Grazia, cioè di quel misterioso lavoro che Dio svolge direttamente con le sue iniziative, attraverso la comunità, attraverso "i segni dei tempi"». Pertanto, «quando lo psichiatra assiste alla trasformazione da religiosità a credenza per l'aggancio a un credo specifico, da esploratore della psiche si trasforma in umile spettatore di questo processo».
Parole chiare Dacquino usa anche a proposito di matrimonio e di celibato, «che non sono in antagonismo, ma sono due livelli distinti dello sviluppo evolutivo dell'Eros». Pertanto, «possono raggiungere un buon equilibrio psicofisiologico sia l'individuo che ha un'attività affettivo-sessuale, sia quello che vive in completa castità, quando tali situazioni siano determinate non da motivazioni nevrotiche ma da scelte derivanti da maturità psicologica».
È sempre questione di maturità: «Ognuno porta dentro le sue ansie e, per liberarsene, deve individuarne l'origine. Più se ne comprendono le cause più si è liberi; le persone più serene sono quelle che hanno preso coscienza anche delle loro parti negative e, accettandole, hanno potuto controllarle, dominarle, migliorarle».
Un non minore vantaggio di leggere i libri di psicologi e di psichiatri è quello di imparare parole nuove, per esempio "alessitimia": «L'alessitimia, letteralmente "emozione senza parole" o "mancanza di parole per esprimere l'emozione", corrisponde a una specie di anestesia emotiva che impedisce di riconoscere le proprie emozioni (gioia, dolore, rabbia ecc.) e di comunicarle. Ne è affetto l'adulto tendente alla passività, alla dipendenza, all'imitazione, incapace di immaginazione e di produrre fantasie, limitato nel vocabolario affettivo e quindi con ridotta capacità sintonica ed empatica». Una volta o l'altra bisognerà scrivere un trattato anche sull'uso terapeutico del dizionario.
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