
Caro Avvenire, scrivo dalla provincia di Milano, ho 80 anni. Tutti i giorni vi leggo online, come faccio anche con altri giornali, mentre il giovedì acquisto una copia di “Avvenire”. Le persone oggi sentono l’esigenza di usufruire di molti canali di informazione, per questo occorrerebbe un’idea per far guadagnare tutti coloro che forniscono notizie, e dare veramente una buona e soprattutto ampia informazione. Si spera di leggere sempre verità e non sensazionalismi.
Anna Liverini
Cara signora Liverini, nella sua bella lettera, lei tocca due temi cruciali: l’informazione e la povertà, quest’ultima richiamata dai recenti e allarmanti dati Istat. Di ciò ha scritto esaurientemente Francesco Riccardi. Io colgo quindi l’occasione per alcune considerazioni sui media e la loro fruizione. Lei tocca in poche righe punti chiave del panorama giornalistico attuale. Si può affermare con buona certezza che mai come oggi c’è una grande domanda di informazione, e mai come oggi un’offerta così ampia, seppur fluida e disordinata rispetto al passato. Nello stesso tempo, la moneta cattiva, il sensazionalismo e le fake news, sta scacciando la moneta buona, il giornalismo affidabile e al servizio del cittadino. Quest’ultimo, però, costa in un doppio senso. Gli editori devono spendere denaro per produrlo – pagando buoni professionisti, mandandoli sui luoghi degli avvenimenti, comprando le attrezzature necessarie – e i fruitori devono spendere tempo, attenzione e qualche spicciolo per avere accesso alle notizie ben raccontate e ai commenti ben pensati.
Facile dire che questo sistema sta saltando per aria a causa del Web. Ma, attenzione, non perché ha dirottato lettori e ascoltatori da carta stampata e televisione verso gli smartphone. Questo è un fatto, ma non spiega la crisi del giornalismo, almeno in Italia. Un grande errore iniziale lo hanno fatto gli editori. Quando hanno cominciato ad aprire siti di informazione che ricalcavano i contenuti dello loro testate a pagamento – dai quotidiani alle agenzie di stampa alla reti tv e radio – rendendo tutto completamente disponibile al pubblico di Internet. Questo ha creato in poco tempo l’idea che l’informazione sia un bene gratuito. Nessuno pensa che si possa avere regalato un pezzo di focaccia, persino di prezzo inferiore a quello di un quotidiano. E pertanto, al panificio tutti entrano con una moneta pronta, perché sanno che la focaccia va pagata. Non è più così per l’informazione. Perché devo spendere per il contenuto X, se trovo quello Y ad accesso libero? Alla fine, come la focaccia, tutti si assomigliano e non vale la pena di sborsare qualcosa se posso avere notizie senza oneri.
Ecco, cara signora Liverini, perché il suo auspicio di buona e ampia informazione sta diventando un drammatico ossimoro. Se l’informazione deve essere buona, rischia di non essere ampia, dato che mancherà di utenti e, quindi, di risorse per realizzarla. Mi piace pensare che, se gli editori si fossero accordati parecchi anni fa e avessero spento per una settimana tutti i siti passando poi a una modalità a pagamento, avrebbero perso qualche utente online ma nessun introito e oggi la loro situazione (e quella di noi tutti) sarebbe assai migliore. Tardi ormai per recriminare. Serve piuttosto trovare il modo di cavalcare in modo appropriato la nuova sfida, che stavolta tocca più i giornalisti: l’intelligenza artificiale.
In queste settimane, il quotidiano “Il Foglio” ha allegato un secondo dorso realizzato interamente da sistemi di IA generativa, ovvero i chatbot come Gemini e ChatGPT. Domande umane per articoli scritti – si è detto – interamente dalla macchina. Un esperimento e una provocazione assai interessanti. Giuliano Ferrara, fondatore di quel giornale, ne ha scritto estasiato come di “un’opera d’arte, roba forte, che scotta”. Difficile non concordare. I cosiddetti LLM (meglio familiarizzare presto con questo mondo) sono strumenti straordinari. E se, per leggere i loro articoli informati e rifiniti si è dovuto pagare 1,80 euro in edicola, domani – chi già non lo pensa? – si potranno produrre, gratis (o quasi), direttamente dal proprio computer, a piacere e senza limiti.
Ma non sarà il trionfo della buona informazione. Senza una gerarchia delle notizie, senza un filtro dato da chi il giornalismo lo fa per mestiere e servizio del lettore, saremo in balia di chi addestra e tiene operativi gli strumenti di IA, ovvero i colossi americani e cinesi guidati dagli Elon Musk di turno. Dovremmo cercare di guardare avanti, immaginando SLM (chatbot più piccoli e meno costosi), creati da nuovi editori digitali, che garantiscano il pluralismo e una buona e libera informazione, basata sulle realtà sociali e culturali di Paesi e contesti specifici. Un’impresa che è consustanziale alla difesa della liberaldemocrazia cui anche la sua copia acquistata il giovedì, cara signora Liverini, contribuisce attivamente.
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