Molti anni fa, su una bancarella, trovai per poche lire un grosso libro, che più tardi regalai a una biblioteca, attirato dal titolo e dall'autore: La folla di Guglielmo Giannini, stampato nel 1946. Giannini era stato un regista e autore teatrale anni trenta, versato in commedie del genere "telefoni bianchi", ma era anche stato un uomo politico influente nei primi anni della Repubblica, fondatore di un giornale che divenne un movimento politico, "L'Uomo Qualunque", da cui il termine "qualunquista" affibbiato (con superficialità) a tutti coloro che diffidano delle Istituzioni, dello Stato, dei partiti, del potere. Il movimento di Giannini durò poco, ma servì in particolare per non cacciare fuori dal gioco parlamentare coloro che erano stati fascisti, ed erano tanti, e i tanti cittadini insoddisfatti della loro condizione. Quei voti si dispersero a destra e a sinistra, poi raccolti in parte dal Movimento Sociale di Almirante, cresciuto anch'egli tra gente di spettacolo. Non conosco dei saggi di sociologi e storici che abbiano saputo collegare il qualunquismo di ieri alle situazioni più recenti, e perfino il termine qualunquismo sembra passato di moda, forse un suo sinonimo odierno è astensionismo, ma ricordo negli anni cinquanta un effimero partito che in una sola elezione ebbe non pochi voti, il Partito della bistecca, programma unico: «una bistecca al giorno nel piatto di ogni italiano». Più di recente, con diverse legittimazioni, sono venuti i Di Pietro, i Bossi, i Berlusconi, i Grillo e la parola qualunquismo non è stata più considerata un insulto neanche dalla sinistra. La folla è tornata di moda, indistinta, blandita o sollecitata dalla specie politica più antica di tutte, i demagoghi. Ha sinonimi volta a volta ricorrenti: massa e gente i più frequenti, seguiti da plebe, stuolo, branco, frotta, e negli anni della contestazione, con linguaggio democristiano, "maggioranza silenziosa". La folla moderna è stata raccontata in un film sublime di King Vidor, tra gli ultimi capolavori del muto, e studiata dal grande Ortega y Gasset, da sociologi americani come Riesman, Wright Mills, Lasch e altri, mentre oggi è come se ci si sia arresi all'evidenza, dimenticando la forza della parola popolo, preferendo a quella la parola folla o la parola gente, che fanno pensare al manzoniano «volgo disperso che nome non ha». Della folla si ha paura, anche se si sa ormai di farne parte, ché tale ci considera il Potere, sotto ogni latitudine. E a me fa pensare, sempre ricorrendo a memorie d'infanzia, a un altro sinonimo: turba. Ogni anno, in tempo di Pasqua, a Cantiano, tra Umbria e Marche, si recita una sacra rappresentazione da questo nome, preso da vecchie traduzione dei Vangeli, la turba che gridò il "crocifige!". Come è difficile oggi restare individui ragionanti e non membri indistinti di folle, di turbe!
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