Per spiegare come funziona la Corte costituzionale e in quale contesto sociale e culturale sono maturate negli anni le sentenze ricorre ai testi delle canzoni. È un presidente della Consulta che non ti aspetti, non solo perché è la prima donna nella storia a ricoprire questo ruolo, ma soprattutto perché dissolve l'aurea seriosa che nell'immaginario collettivo circonda chi indossa la toga del severo organo garante della nostra Costituzione. Lei è Marta Cartabia, 56 anni, giudice costituzionale dal 2011 e presidente da nemmeno due mesi. Le canzoni finora citate sono Hard days night dei Beatles, La tana del re di Celentano e La mente torna di Mina. Ma siamo solo alla seconda puntata delle sei previste per la serie Senza distinzione di genere (il giovedì alle 20,40 su Rai Storia), firmata per Rai Cultura da Alessandro Chiappetta, Fabrizio Marini, Marta La Licata e Chiara Morellato, con la regia di Graziano Conversano e le interviste di Stefania Battistini. Ogni volta, attraverso il filo conduttore del colloquio tra la Cartabia e la Battistini, viene affrontato un tema che riguarda la Corte e i diritti della donna. Nel primo appuntamento si è parlato dell'accesso delle donne alla magistratura, cosa che è avvenuta soltanto dal 1963. Ieri è stata la volta della parità coniugale, mentre giovedì prossimo toccherà alla discriminazione delle donne in politica e così via. La neopresidente della Consulta mostra di sapere il fatto suo, ha classe, parla con pacatezza e cognizione di causa, riesce a far capire a tutti la funzione di una Corte che non giudica gli uomini bensì le leggi, che ha la sua forza nella ragionevolezza intesa come una ragione capace di leggere la realtà concreta delle cose. È in questa chiave che ricorre ai brani musicali per spiegare la mentalità pervasiva, sostanzialmente di stampo maschilista, ma anche il suo progressivo superamento a partire dagli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Merito anche delle importanti sentenze della Corte costituzionale che in materia di parità hanno contribuito al progresso sociale. Raccontarlo in questo modo in tv, per dirla con Silvia Calandrelli (direttore di Rai Cultura), è cultura delle istituzioni nello spirito del servizio pubblico.
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