Seguiamo Il collegio sin dalla prima edizione. Adesso, nel giro di nemmeno quattro anni, siamo già alla quinta. In effetti il docu-reality di Rai 2 (il martedì alle 21,20) ha registrato un successo in termini d'ascolto, ma soprattutto perché aggancia, grazie anche all'interazione con i social, una fascia di pubblico ormai perduta dalla tv generalista, quella dei giovanissimi. Del resto dall'altra parte della barricata ci sono i loro coetanei (l'età varia dai 14 ai 17 anni) impegnati a sperimentare per alcune settimane la severità di un ambiente scolastico e di vita pieno di regole. E qui sta il punto di forza del programma in quanto i ragazzi, opportunamente selezionati tra decine di migliaia che si presentano ai provini, sono praticamente tutti senza regole, viziati, saccenti, presuntuosi, egocentrici, in gran parte poco inclini allo studio, spesso con alle spalle genitori immaturi quanto loro. Lo si deduce dalle interviste e dalle schede che raccontano di come i ragazzi sono nella realtà a partire dalla vita in famiglia e che integrano la tecnica del docu-reality per cui i protagonisti vengono seguiti giorno e notte da telecamere più o meno nascoste, mentre ogni tanto vengono interpellati direttamente e singolarmente sui problemi della momentanea vita in collegio. C'è però un aspetto che, avendo seguito come detto tutte le edizioni, continua a non convincerci: è la parte che potremmo definire di fiction. I ragazzi sanno bene di essere ripresi e tutti sono in grado di convivere in modo smaliziato con le telecamere appresso. Nel funzionale gioco controllo-trasgressione, che è uno degli aspetti che attrae di più, rientra anche la parte più di spettacolo, di fatto la più falsa, quella per cui i ragazzi, ad esempio, nascondono le cose proibite (cellulari, trucchi, roba da mangiare...) o campiono delle incursioni notturne seguiti dalle telecamere con le relative luci. Resta vero il fatto che pur di rimanere nel programma più a lungo possibile sono disposti a subire molto per non essere eliminati, così come resta vero il lato debole che ogni tanto mettono in mostra con pianti e isterismi pur essendo portati alla recitazione e a pensare di poter vivere sempre sopra le righe.
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