John McCarthy è morto nel 2011 e pochi ormai si ricordano di lui. Eppure è stato l’inventore del termine «intelligenza artificiale» nel 1955, ben 68 anni fa. Per chi si sente travolto da fenomeni recenti come ChatGPT la questione sembra legata solo all’oggi e al futuro più prossimo, ma in realtà sono decenni che si parla di intelligenza artificiale e quasi 40 anni da quando la si sperimenta anche in campo commerciale.
Come ben sintetizzava l’ingegner Somalvico, «è una disciplina appartenente all’informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana».Per avere un’idea (anche se non esaustiva) di quanto e in quanti ambiti venga già usata la cosiddetta Intelligenza Artificiale vi consiglio una visita molto facile ad un sito web che si chiama Futurepedia. Di fatto è un archivio, aggiornato giornalmente, che ha già raccolto 1.239 applicazioni, divise in ben 50 categorie. Il tutto con un’ulteriore divisione tra novità, popolari e verificate.
Ne troverete di completamente gratuite, in prova e a pagamento. Se ve le elencassi tutte, non basterebbe questo spazio e temo che vi annoierei. Per darvi un’idea dei campi nei quali già operano le ho divise per macro aree: ci sono ovviamente sistemi AI (da ChatGPT in giù) che creano testi, musica, arte e fotografie, quelli usati per l’assistenza clienti e quelli che danno persino consigli legali. Ci sono quelli (da prendere particolarmente con le pinze) che danno consigli medici e quelli utilizzati in ambito finanziario (un campo non meno rischioso).
C’è una voce in questo elenco che mi ha particolarmente colpito ed è quella definita «life assistant». In realtà è un’area molto popolata e anche un po’ confusa dove si mischiano sistemi automatici che ci indicano i viaggi più adatti in base ai nostri interessi e sistemi che promettono di interpretare i nostri sogni; ci sono anche strumenti che ci offrono “allenamenti perfetti” e uno che ci aiuta a confezionare biglietti d’amore. Insomma, c’è tutto e il contrario di tutto. Cose davvero interessanti e paccottiglia.
La maggior parte degli strumenti catalogati è destinato al business. E mischia generatori di loghi per aziende e testi per pubblicità efficaci, sistemi che sintetizzano lunghi testi e altri che rispondono in automatico agli utenti dei vostri social. Ci sono programmi che creano podcast da testi e altri che producono video praticamente da soli. C’è poi un vasto mondo che cerca contenuti in Rete e li riconfeziona. Sia che si tratti di annunci immobiliari che di testi impegnativi o di materiali audiovisivi. C’è poi tutto il comparto dedicato alle traduzioni automatiche e alle e-mail (anche per limitare lo spam) e non mancano le aree dedicate al gioco, ai regali e al commercio elettronico.
Insomma, l’AI è già ben presente nelle nostre vite. Quelle che ancora mancano sono alcune regole. Per esempio l’obbligo di indicarne chiaramente l’uso a noi fruitori quando viene applicata, anche per confezionare articoli di giornale (visto che accade già e più frequentemente di quello che si crede). In questo senso spero si allarghi a tanti la policy adottata dal giornale americano Wired: «È vietato usare l’intelligenza artificiale per scrivere opinioni, creare immagini o produrre analisi». Dobbiamo, cioè, come sempre fare ognuno la nostra parte, senza nascondere i nostri limiti e i nostri errori ma con la consapevolezza che solo con regole chiare questi strumenti sono e saranno davvero utili e non una tentazione a sostituire con le macchine chi fa più fatica.© riproduzione riservata
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