«Porta in sé la croce di Cristo chi muore al mondo, chi è inchiodato con Cristo», ciò che al mondo, però, sembra una sconfitta, un’atroce morte, agli occhi di Dio è il segno della vittoria gloriosa sulla morte: così san Cromazio di Aquileia nei suoi sermoni rileggeva il significato della Croce di Cristo. E questo è solo uno dei tanti temi appartenenti alla ricca eredità spirituale e liturgica lasciata dal vescovo di Aquileia vissuto nella seconda metà del IV secolo. Nato forse tra il 335 e il 340 in una famiglia benestante, Cromazio aveva dato vita in casa sua a un gruppo ascetico culturale composto da sacerdoti e laici, dove nel 370 viene accolto anche Girolamo. Si fece poi notare nel 381 al Sinodo di Aquileia e nel 387 o 388 venne ordinato sacerdote da Valeriano. L’anno seguente era alla guida della diocesi, ordinato vescovo da sant’Ambrogio. Rimase alla guida della Chiesa aquileiese fino alla morte tra il 407 e il 408: in questi anni s’impegnò per difendere l’ortodossia contro il perdurare dell’eresia ariana, che spesso trovava terreno fertile anche tra i pastori. Scrisse un Commento al Vangelo di Matteo, rimasto probabilmente incompiuto, ed è autore di numerosi Sermoni, che gli sono stati correttamente attribuiti solo negli ultimi decenni. Della sua profonda carità e saggia fermezza abbiamo testimonianza da san Girolamo e da san Giovanni Crisostomo. Condivise fino alla morte le travagliate vicende del suo popolo a cause delle invasioni barbariche.
Altri santi. Santa Bibiana, martire (IV sec.); beato Giovanni di Ruysbroeck, canonico Regolare (1293-1381).
Letture. Romano. Is 29,17-24; Sal 26; Mt 9,27-31.
Ambrosiano. Ger 7,1.21-28; Sal 84 (85); Zc 8,18-23; Mt 17,10-13.
Bizantino. 1Tm 4,4-8.16; Lc 20,19-26.
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