Non produce utili, anzi perde come un canotto a fine estate, però in Borsa vale più di Ford e General Motors come capitalizzazione di mercato. È il clamoroso – e per certi versi inspiegabile – fenomeno Tesla, la società specializzata nella produzione di auto elettriche fondata nel 2003 da Elon Musk, che nei giorni scorsi ha chiuso le contrattazioni a Wall Street con un valore di 51,56 miliardi di dollari. Una cifra questa che non riflette il vero rapporto di forza tra le società dell'automotive statunitense. Tesla nel 2016 ha prodotto 84.000 auto, per un giro di affari di 7 miliardi di dollari (e di perdite nette pari a 675 milioni di dollari), contro i 10 milioni di auto sfornate da GM che ha fatto segnare 166 miliardi di ricavi. Eppure galoppa verso traguardi sempre più ambiziosi il piano del miliardario visionario che ha inventato PayPal e lanciato, con Space X, il progetto della colonizzazione di Marte. Ma con Tesla, Elon Musk sta facendo qualcosa di ancora più fantascientifico, grazie alla futura Model 3, che verrà presentata a luglio: non tanto perché si tratta di una vettura completamente elettrica con un'autonomia annunciata di 345 chilometri, e un prezzo relativamente basso (40mila euro da noi), ma soprattutto perché ne ha già vendute 250mila in tutto il mondo prima ancora di averle costruite. Il pubblico ci crede, quella dei “teslari” è già una setta di adoranti tifosi dell'elettrico (in Italia è nato il primo club Tesla con 500 iscritti), e la finanza si accoda. Senza che esistano basi oggettive di cui fidarsi, all'ultimo aumento di capitale dell'azienda di Musk ha partecipato anche l'Internet company cinese Tencent, che ha acquistato il 5% dei titoli versando 1,8 miliardi di dollari. Il segreto? È la potenza del futuribile, la grande attrattività offerta da ciò che ancora non c'è, il richiamo della tecnologia estrema. Ma nel caso di Tesla molto contribuisce anche il fascino del “santone laico” che la guida, uno Steve Jobs all'ennesima potenza deciso a ribaltare certezze e prospettive in qualunque campo abbia deciso di gettarsi. Qualcuno però non si fida. Come Mike Jackson, capo di AutoNation, la prima concessionaria di auto Usa: «Tesla – ha commentato sul Wall Street Journal – è il più grande “Schema Ponzi” di tutti i tempi», alludendo al modello economico di vendita truffaldino che promette forti guadagni alle vittime a patto che queste reclutino nuovi investitori, a loro volta vittime della truffa. Secondo Jackson «Tesla è nettamente sopravvalutata in Borsa, e una correzione sarà inevitabile non appena le grandi case inizieranno a produrre anch'esse auto elettriche su larga scala». Intanto però una delle più visionarie storie industriali legate alla mobilità, continua: un'idea di futuro seducente vale – per ora – più di ogni altro calcolo.
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