La politica agricola europea sta cambiando. Forse non nelle fondamenta, ma nell'uso degli strumenti che si è costruita. A spingere sul mutamento la congiuntura internazionale, le tensioni sui prezzi, le richieste dei consumatori, il mutamento d'uso di alcune colture. Il segnale più forte è l'idea, ormai diffusa e quasi messa in pratica, di dover accrescere la produzione invece che comprimerla. Si tratta di un cambio di rotta non da poco, che arriva dopo anni di manovre messe in piedi per produrre meno in maniera tale da sostenere i prezzi agricoli. Adesso, quasi tutti gli Stati membri dell'Ue chiedono a gran voce di abbattere i prezzi alimentari e, quindi, di premere l'acceleratore della produzione. Una richiesta alla quale presto Bruxelles dovrà rispondere positivamente.
Due sono gli esempi più chiari di ciò che sta accadendo. Da una parte l'eliminazione del divieto di messa a coltura delle terre; dall'altra l'innalzamento delle quote latte. Se la prima misura può avere carattere quasi congiunturale (decidere di coltivare oppure di non coltivare può essere una decisione facilmente variabile nel tempo), accrescere il livello consentito di produzione di latte è cosa ben diversa, anche dal punto di vista del significato storico. La vicenda delle multe, delle lotte degli allevatori, del latte versato nelle strade, dei «ribelli» che hanno prodotto di più nonostante tutto, non si è ancora conclusa. Ma, in Europa, l'Italia, insieme alla Polonia e ad altri Paesi, ha già avanzato la richiesta di un aumento dei tetti produttivi. Nessuno parla di riforma del meccanismo di controllo del mercato, ma semplicemente di una sua applicazione. Di fatto però, tutti sanno che le quote latte erano state costruite " sulla base di quelle per lo zucchero " per comprimere la produzione in un periodo di eccedenze fortissime (che avevano per esempio provocato la creazione di scorte di burro colossali). «Entro poche settimane " ha spiegato invece il ministro delle Politiche Agricole Paolo De Castro " ci aspettiamo un incremento lineare per tutti», tra il 2,5% e il 3%. Per quanto riguarda le terre coltivate, invece, l'Ue dovrebbe presto sbloccare dal set-aside (cioè dal riposo forzato) qualcosa come 3,8 milioni di ettari, determinando un aumento della produzione
tra i 12 e i 13 milioni di tonnellate di cereali.
Basterà tutto questo per ricondurre a ragione i prezzi pazzi che i mercati alimentari europei hanno registrato? Difficile dirlo adesso. Sicuramente la maggior produzione di latte (e quindi di prodotti lattiero-caseari) e di cereali dovrebbe provocare un allentamento delle tensioni di mercato. Ma occorrerà osservare la realtà per credere davvero negli effetti benefici dell'operazione. Tenendo conto che sempre di più i mercati agricoli si muovono su un piano mondiale, che i prezzi locali sono determinati dai raccolti all'altro capo del mondo e che la stessa qualità e origine dei prodotti deve fare i conti non solamente con la concorrenza leale ma soprattutto con quella sleale. Rimane il dato di fondo: la politica agricola dell'Europa sta cambiando.
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