L'uno per cento degli abitanti del pianeta controlla il 40 per cento delle risorse mondiali. Mentre a metà della popolazione tocca a malapena l'1 per cento delle ricchezze disponibili. Risultato: 1,2 miliardi di persone continua a vivere in condizioni di povertà estrema. A colpo d'occhio, i risultati dell'ultimo rapporto delle Nazioni Unite sulla diseguaglianza sono sconfortanti: negli ultimi vent'anni, le disparità sono cresciute. Quasi ovunque. Le eccezioni, però, ci sono. Ed è bene soffermarvisi, soprattutto se riguardano quella fetta di pianeta che in passato ha battuto ogni record negativo in fatto di diseguaglianza. In due decenni, l'America Latina ha ridotto del 5 per cento la differenza salariale. In contro-tendenza rispetto al resto del Sud del mondo, dove questa è aumentata dell'11. Anche nell'emisfero Nord, però, il divario tra gli stipendi è cresciuta, in media, del 9 per cento. Al di là dei numeri, l'Onu si sofferma con attenzione sulle politiche. Poiché la diseguaglianza è il risultato della messa in atto o meno di determinate strategie. Non a caso, a guidare la “riscossa” latinoamericana sono quei Paesi – Brasile in testa –, che hanno messo in agenda una seria lotta alla disparità. Buono il lavoro anche di Salvador, Messico e Panama. Qualche leggero miglioramento si è avuto anche in Cile e Argentina. Certo, la strada verso una crescita realmente inclusiva – per l'America Latina e il mondo – è ancora lunga. «Bisogna percorrerla e in fretta», avverte l'Onu, perché la diseguaglianza danneggia l'economia e distorce il processo politico.
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