Don Fabrizio, principe di Salina, poco prima di incontrare la Signora in nero che lo accompagnerà nel suo ultimo viaggio, ricorda la vita trascorsa. Rievoca i pochi momenti felici, rari intervalli. Il Gattopardo scopre così, nell'ora del congedo, della perdita irreparabile, che nella sua esistenza infelice era stato a tratti, sia pure per poco, felice. La felicità, diceva Cechov, è come la salute, quando la possiedi non te ne accorgi. Bisognerebbe saperlo invece, ma è possibile? Molti, nelle pagine di libri e blog, insistono nel dire di sì. Secondo uno dei sostenitori, lo stato di beatitudine sarebbe raggiungibile nei seguenti modi: comprando paste la domenica; bevendo birra o Porto; guidando di notte in autostrada; facendo colazione con il giornale sul tavolo; mangiando un croissant appena sfornato. Un mio amico, scettico e divertito, ha voluto mettere alla prova queste dicerie. Si è seduto al tavolo di un bar, ha ordinato la colazione e intanto ha sfogliato il giornale. Lo hanno aggredito i titoli catastrofici, la tragica e assurda insania del mondo. Ha alzato gli occhi e ha visto la cameriera con il vassoio: «La brioche con marmellata, vero?» gli ha chiesto sorridendo. Lui ha lasciato perdere le cattive notizie. Ha bevuto il cappuccino e mangiato la brioche. Racconta di essere stato felice.
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