giovedì 12 marzo 2020
Una parola che segna uno spartiacque tra cultura pagana e cultura cristiana è patientia, dal duplice significato: "sopportazione, pazienza" e "sofferenza, passione". Essa alimenta la virtù del saggio, anzi, è la virtù prima, come concordavano le diverse scuole morali, la socratica, la cinica e soprattutto la stoica: «infrollisce la virtù (virtus) senza avversario: la sua grandezza e il suo vigore si manifestano solo quando essa mostra tutta la sua capacità di sopportazione (patientia)», dichiara Seneca (La provvidenza 2, 4). Per lo stoicismo questa virtù trasforma il saggio in figura esemplare, e lo rende addirittura superiore a Dio: «Dio è fuori della sofferenza dei mali, voi al di sopra» (20, 4 ille extra patientiam malorum est, vos supra patientiam). Nei cristiani la parola patientia campeggia, ma il modello classico è capovolto: a differenza del dio pagano che è non-sofferente (apathés, "impassibile"), il Dio cristiano è sofferente (patiens). È la passio Christi, è lo scandalo della croce, per cui Agostino (Commento al Salmo 40, 13) poteva contrapporre alla potenza del dio della classicità l'impotenza del Dio della cristianità: «non scendeva dalla croce. Non dimostrava la sua potenza (potentia) ma mostrava la sua sofferenza (patientia)». Alla fortificazione pagana si oppone la salvazione cristiana.
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