Padre Thomas, don Milani di Papua Nuova Guinea
martedì 2 luglio 2024
Siamo sempre klostu (vicini), anche se lontani ore, per i locali quando si viaggia sulle montagne. Ma il villaggio di Monokam, in effetti, è solo a poco più di un’ora dal capoluogo Wabag, sul fondo della valle di Ambum, nella provincia di Enga, una delle più remote della Papua Nuova Guinea. Padre Thomas Wayaken, un prete locale di mezza età, è contento di tornare dalle sue parti almeno per un paio di giorni. Qui non è in sintonia con tutto e con tutti. Per il momento ha accettato un incarico nel seminario regionale. Poi si vedrà. Come guida è perfetto e necessario. A quel gruppo di ragazzi in mezzo alla strada armati di machete ci può solo parlare uno del posto con la giusta modulazione di voce, espressioni facciali e sorrisi. Così ti fanno passare. Una giornalista italiana da queste parti? Pare proprio di sì. Con un missionario del Pime (autore di queste righe) che pure ama la cronaca e il reportage, pur avendone avuto in vita solo opportunità occasionali e di breve periodo. Anna Pozzi invece ha viaggiato e scritto in lungo e in largo, soprattutto in Africa, per la sua testata, Mondo e Missione, e per tanti altri. La prossima visita di Papa Francesco a settembre qui in Papua Nuova Guinea ha invogliato almeno la stampa missionaria a venire a dare un’occhiata in anticipo, invece di accodarsi poi alle versioni quasi tutte uguali dei giornalisti al seguito. Un gesto di riguardo per noi. L’Italia ha forse un solo piccolo contributo da vantare in un Paese così remoto. Un drappello di missionari milanesi, lecchesi e varesini vissero su queste isole tra il 1852 e il 1855 quando la Lombardia ancora strepitava dentro l’imbragatura austro-ungarica; seguirono alcuni piemontesi nel 1885 assieme ai missionari francesi del Sacro Cuore; nel corso dei decenni vari verbiti, francescani, il Pime di Milano nel 1981. Anche la presenza salesiana, piuttosto recente ma ben visibile, è opera di italiani che avevano già operato nelle Filippine. Oggi i missionari tricolori in Papua Nuova Guinea sono solo una dozzina. L’Oceania è lontana. Il Pime stesso nacque a Milano nel 1850 con la voglia per questo continente, ma le distanze e le difficoltà del tempo lo fermarono presto in Asia (Cina, India e Myanmar). Accompagnare un reporter (mi è capitato cinque o sei volte negli anni) è interessante, tanto più se si occupa proprio di quello che ti è più caro: la vita tua e degli altri missionari, le comunità che si seguono, i problemi sociali che si cercano di affrontare, i conflitti tribali, la stregoneria, il movimento che padre Thomas ha fondato e promosso per anni nella provincia di Enga (diocesi di Wabag) allo scopo di preparare da bambini gli adulti di domani: scuola, servizio comunitario, catechesi ragionata e non fondamentalista, responsabilizzazione civile. Di fatto un don Milani della Papua Nuova Guinea per questi ragazzi di montagna dagli occhi che sembrano schizzare dalle orbite (ma è solo un tratto somatico) e orecchie larghe abituatesi nei secoli a captare il più sottile fruscìo della boscaglia e spesso del nemico che surrettiziamente si avvicina. I missionari stessi che fanno da reporter sono una razza estinta nel nuovo secolo e poco incoraggiata già in quello passato, dove comunque in Italia si sono imposti con nomi difficili da dimenticare. Ma raccontare con umiltà e passione è un esercizio di autostima che fa bene a chi lo pratica e induce sempre qualcuno a cambiare in meglio qualcosa, a volte tutto, di sé. © riproduzione riservata
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