Padre Didon, “ispiratore” delle Olimpiadi moderne
mercoledì 26 giugno 2024
Il 23 giugno del 1894, nelle prestigiose sale della Sorbona e su iniziativa del barone Pierre de Coubertin, vide la luce il Comitato Olimpico Internazionale. L’occasione era quella del “Congresso internazionale di Parigi per lo studio e la diffusione dell'attività fisica amatoriale”. In quei giorni la notizia non era tanto il Congresso, quanto il fatto che la più prestigiosa istituzione culturale francese, la Sorbona appunto, notoriamente non incline a mescolare il suo alto profilo letterario e scientifico con dibattiti su esercizi muscolari, avesse prestato allo scopo la sua prestigiosa sede. In realtà, il barone de Coubertin non era un uomo di sport, ma un pedagogo, un filosofo, sociologo che aveva in testa l’obiettivo di “irrobustire” le nuove generazioni del suo Paese, che vedeva deboli e poco determinate, con due mosse: l’introduzione dell’educazione fisica nel sistema scolastico nazionale e una opportuna “internazionalizzazione” del confronto sportivo fra i popoli. Da quelle riflessioni alla visionaria idea di ridare vita ai Giochi Olimpici, che aveva studiato nella sua frequentazione dei classici greci, il passaggio fu naturale, anche se un tentativo di far rivivere gli antichi Giochi Olimpici, con poco successo, era stato compiuto ad Atene già nel 1859 per impulso di due greci, Panayotis Soutas ed Evanghelios Zappas. La figura del barone de Coubertain è universalmente celebrata, ma è decisamente meno noto che, fra coloro che furono vicini al barone in quegli anni pioneristici, giocò un ruolo fondamentale un frate domenicano, Henri Martin Didon, figura eclettica, innamorato dei classici, della scienza e della modernità. Padre Didon aveva creato un'associazione sportiva all'interno del collegio San Alberto Magno di Arcueil, di cui era priore e preside dal 1890. Incontrò il Barone de Coubertain per la prima volta nel gennaio del 1891, invitandolo poi a partecipare, quale direttore di gara, a un evento di sport nella primavera dello stesso anno, proprio presso il collegio domenicano. Pierre de Coubertin fece conoscenza in quell’occasione del motto Citius, altius, fortius (“Più velocemente, più in alto, con più forza”). Il vero inventore di questa formula inneggiante alla cultura della volontà fu infatti padre Didon che in quell’occasione la fece ricamare sulla bandiera del Collegio. Il motto piacque a tal punto al barone che lo scelse, tre anni dopo, come motto del nascente Comitato Olimpico Internazionale e dai Giochi, fin dalla loro prima edizione di Atene 1896, occasione in cui Didon celebrò la S. Messa ufficiale nella chiesa di San Dionigi ad Atene, pronunciando un’accorata omelia con espliciti riferimenti alle Virtù che potevano scaturire dalla pratica degli esercizi fisici all’interno di una vera “religione olimpica”, primo passo verso la fratellanza e l’unità morale fra le nazioni. Il motto restò immodificato fino al 2021, quando il Cio aggiunse la parola “insieme” traducendola in latino con Communiter e suscitando la reazione critica di molti latinisti (fra i quali il cardinale Gianfranco Ravasi) che denunciarono un vero errore di semantica. Chissà come l’avrebbe presa Padre Didon, la cui straordinaria vicenda umana è raccontata dalla storica dello sport Angela Teja nel suo libro Padre Henri Didon, un domenicano alle radici dell’olimpismo (Ave, 2024). © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: