La saga degli Argonauti, che salpano alla ricerca del Vello d’oro, appartiene alle radici più arcaiche del mito greco. Le Argonautiche, di Apollonio Rodio, sono un poema imbevuto di magia: Giasone, il comandante della spedizione, governa una nave magica, Argo, la cui prua, ricavata da una quercia sacra, parla, e sa indicare la rotta. L’orizzonte ignoto che gli Argonauti percorrono per la prima volta è come quello dell’Odissea, popolato da creature fantastiche e animato da energie occulte. Alla spedizione partecipa Orfeo, il fondatore della poesia, e partecipa con un ruolo preciso: in quanto poeta sciamano, che conosce le formule e il canto magico, è capace di proteggere gli Argonauti dagli incantesimi delle Sirene.
A quel canto ingannevole, annichilente, cui Ulisse deve sfuggire a bordo della sua imbarcazione - e che anche in questo caso sarebbe stato ferale - si contrappone, e vince, il canto pieno del poeta sciamano, che comunica con l’anima del mondo. Simile al flauto il canto delle Sirene, alle dolci corde della lira quello di Orfeo. Dalla lira e dalla sua voce nasce la lirica, la quintessenza della poesia. Gli Argonauti sono eroi, ma sanno che non riuscirebbero nell’impresa senza il canto della poesia, che vince il nulla, combatte lo scoraggiamento. Anima.
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