Odio il tennis
domenica 15 dicembre 2024
L’ho letto per la prima volta molti anni fa. Si chiama “Open” ed è uno dei libri più appassionati contro lo sport che siano mai stati scritti da un atleta professionista. Lui è Andre Agassi, ed è stato a lungo negli anni Novanta il numero uno del tennis mondiale. Suo padre, una specie di orco moderno, lo costringeva da bambino ad allenamenti disumani nel cortile di casa, obbligandolo a colpire 2.500 palline al giorno, un milione di palle all’anno. Anche per questo Agassi confessò di odiare profondamente il tennis pur essendone l’emblema. Ricordo che a fine carriera, quando ormai vinceva e perdeva da tanto tempo, e stava in campo solo grazie alle iniezioni di cortisone, gli chiesero come mai non smettesse. Lui rispose: «È così che mi guadagno da vivere. E poi mi resta ancora del gioco. Non so quanto, ma un po’ ce n’è ancora…». Credo che questa sia una delle risposte più esatte che si possano dare per spiegare cosa dia un senso alle attività che si continuano a fare malgrado il tempo, l’età o la logica ti spingano a pensare che sarebbe il caso di arrendersi. Forse il senso della vita è davvero estorcere quel che rimane della felicità, quel residuo di spazio e di tempo nel quale si pensa di essere ancora capaci, o almeno utili. A se stessi, o ancora meglio agli altri. Il resto è contorno, lo spazio di terra rossa oltre le linee di un campo. © riproduzione riservata
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