domenica 7 gennaio 2018
Conservo ancora una foto nel cellulare scattata da una terrazza di Messina una mattina piovosa sulle lamiere di Fondo Fucile, la famigerata baraccopoli che ormai da più di cinquant'anni nessuno riesce a superare: fonte perenne di speculazioni d'ogni tipo sulle quali crescono ignavia, indifferenza e opportunismo. Intanto chi abita là dentro non può far altro che adeguarsi alle circostanze contando solo sull'aiuto dei più volenterosi: quelli che, senza fare troppi proclami, entrano in azione nel tentativo di alleviare le fatiche degli anziani e il disagio dei più piccoli. Sono gli operatori delle associazioni umanitarie, le professoresse della scuola media “Albino Luciani”, incredibilmente appollaiata sopra quello scempio e tutti coloro che, in buona fede, cercano di fare qualcosa di utile. Io mi sono limitato a gettare uno sguardo nel dedalo di viuzze all'interno dell'agglomerato dove alcuni bambini scorrazzavano liberi e ho avuto l'impressione di tornare a Serekunda, alla periferia di Banjul, in Gambia dove, qualche anno prima, avevo riaccompagnato a casa un mio scolaro. Stessa potenza degli occhi che ti fissano incantati come una fiaccola che brilla nella notte urbana. Uguale volontà di sopravvivenza. E quel pallone bucato sopra i tetti arrugginiti d'amianto ed eternit.
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