Celebrare la propria fede nei riti liturgici della Chiesa significa dare forma alla vita interiore, testimoniare e alimentare il rapporto con Dio. È nell’atto liturgico che trova senso tutto ciò che i cristiani fanno e vivono nel mondo, ed è sempre lì che la testimonianza del Vangelo fonda la propria credibilità, affonda le proprie radici e intravede l’orizzonte di senso che lo sostiene. Questo dinamismo spirituale è ciò che sta alla base dell’azione dei profeti dell’Antico Testamento, in particolare coloro che hanno operato nel periodo successivo alla ricostruzione del tempio a Gerusalemme, avvenuta nel 520 a.C. dopo il ritorno dall’esilio babilonese. Di fronte alla difficoltà di ritrovare il cuore della propria fede, i profeti indicarono la direzione da prendere: tra questi ci fu san Malachia, il cui libro chiude la serie dei profeti minori dell’Antico Testamento. Malachia sapeva che il futuro di Israele stava nella ricostruzione “interiore”, fatta non solo di edifici di culto rinnovati ma anche di rapporti sociali fecondi - da qui la difesa di istituzioni come il matrimonio - e di riti pieni di vita, celebrazioni di una fede e di una giustizia testimoniate davanti al mondo intero.
Altri santi. San Graziano di Tours, vescovo (III sec.); san Wunibald di Heidenheim, abate (701-761).
Letture. Romano. Ger 23,5-8; Sal 71; Mt 1,18-24.
Ambrosiano. Rut 1,15–2, 3; Sal 51 (52); Est 3,8-13;4,17i-17z; Lc 1,19-25.
Bizantino. Gc 1,1-18; Mc 10,11-16.
t.me/santoavvenire
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