Il sottotitolo: "Una nuova lettura del libro dei Mutamenti", può trarre in inganno perché può far pensare a un modo nuovo di interpellare l'"I Ching", l'antichissimo libro sapienziale cinese; invece il pregevolissimo lavoro di Richard J. Smith, intitolato appunto I Ching, con quel sottotitolo, è propriamente una storia del millenario e appassionante percorso dell'I Ching nella cultura d'Oriente e d'Occidente. La traduzione è di Francesco Francis, a cura di Silvia Pozzi (Il Mulino, pagine 208, euro 20).
Nella nota preliminare, l'autore spiega di aver mantenuto nel titolo la trascrizione Wade-Giles dei caratteri cinesi, mentre nel testo ha scelto la più moderna trascrizione pinyin, e così l'I Ching, lungo tutta la trattazione, diventa Yijing. Noi (cioè io), che preferiamo continuare a chiamare "Pechino" la capitale della Cina anziché "Beijing" come oggigiorno la trascrizione pinyin vorrebbe, siamo troppo affezionati all'I Ching per chiamarlo con un nome diverso, e quindi per noi l'I Ching sarà sempre l'I Ching. La precisazione (non nuova in questa rubrica) dà un'idea della complessità in cui ci si imbatte non appena si sfiora un argomento cinese.
Le origini dell'I Ching si perdono nel mito. Forse risale al re Wen, fondatore della dinastia Zhou (1045-256 a.C.), e anche Confucio (551-479 a.C.) ci avrebbe messo mano. Comunque, bisogna arrivare al 136 a.C. per avere il testo definitivo giunto fino a noi. Da allora si sono moltiplicati i commentari, e l'I Ching, testo sapienziale e di divinazione, è divenuto patrimonio della cultura universale.
Il metodo più facile per comporre gli esagrammi dell'I Ching è quello del lancio delle tre monete. Dopo aver assegnato il valore 2 a una faccia delle monete, e 3 all'altra, si fanno sei lanci: se la somma è 6, si avrà una linea spezzata mobile; il 7 darà una linea intera fissa; l'8 una spezzata fissa; il 9 un'intera mobile. Dopo ogni lancio, si scrive la linea che ne risulta, partendo dal basso verso l'alto. La mobilità delle linee indica che le linee intere mobili possono diventare linee spezzate, e viceversa, formando così un secondo esagramma come sviluppo del primo. Gli esagrammi sono in tutto 64, essendo formati dalla sovrapposizione di due degli otto trigrammi (formati da tre linee intere o spezzate, nelle possibili permutazioni) che descrivono l'universo: Cielo, Lago, Fuoco, Tuono, Vento, Acqua, Monte, Terra. Il testo commenta ogni esagramma e ciascuna delle linee che lo compongono, fornendo indizi positivi o negativi in risposta alla domanda che aveva indotto a rivolgersi all'I Ching, di solito in merito a una decisione da prendere.
L'I Ching è talmente radicato in Oriente, che la bandiera della Corea del Sud, su fondo bianco (simbolo della pace) reca al centro il cerchio Taeguk che tiene in equilibrio lo Jin (blu, negativo) e lo Yang (rosso, positivo); ai quattro angoli, i trigrammi Cielo, Sole (Fuoco), Luna (Acqua), Terra.
In Occidente, il "Libro dei mutamenti" fu introdotto dai gesuiti francesi Joaquim Bouvet (1656-1730) e Jean-François Fouquet (1665-1741) il quali azzardarono spericolate analogie con la teologia cattolica: per esempio, scomponendo il carattere cinese per "Cielo" nel numero 2 e nel carattere per "Uomo" lo ritennero profezia del secondo Adamo, cioè Cristo. Inevitabili le perplessità sia in Oriente, sia nella gerarchia ecclesiastica.
Nell'Ottocento ebbe diffusione europea la traduzione, peraltro imperfetta, di Angelo Zottoli; più accertata la versione di James Legge (iniziata nel 1854), alla quale si riferì la traduzione del missionario Richard Wilhelm (1924), tuttora considerata la più attendibile anche perché avallata addirittura da una prefazione di Carl Gustav Jung. In Italia, è stata tradotta da Bruno Veneziani e A. G. Ferrara per Adelphi, e anch'io me ne servo dal 1991.
L'I Ching è un libro molto serio, non per giochi di società. È un condensato di saggezza a cui attingere per un consiglio quando si è realmente motivati.
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